Eternit Bis: «L’amianto in centro? Non solo per la fabbrica»
La deposizione di questa mattina del consulente tecnico della difesa Andrea D?Anna
NOVARA – L’inquinamento dell’aria a Casale? La causa principale deriva «dalla erosione delle coperture, dalla ri-sospensione del polverino in sottotetti aperti e del battuto in cortile e strade per effetto dell’azione meccanica di sgretolamento». E non, quindi, direttamente dalla Eternit, in quanto «il contributo delle emissioni dallo stabilimento è molto basso già a meno di 1km dallo stesso».
È questa la conclusione dell’ultimo consulente tecnico della difesa all’Eternit Bis, il procedimento penale che vede imputato Stephan Schmidheiny per la morte di 392 vittime dell’amianto. Andrea D’Anna, docente all’Università di Napoli, è stato ascoltato questa mattina in Corte d’Assise a Novara. La sua deposizione si è concentrata in particolare sullo spiegare in che modo in città sia stato fatto un uso improprio di materiali contenente amianto e come questi siano stati un importante fattore d’inquinamento, parrebbe più dello stabilimento stesso.
(Andrea D’Anna al banco, di fronte alla Corte d’Assise di Novara)
«Ho analizzato l’andamento puntuale delle emissioni, non il valore assoluto. Ne risulta che la concentrazione di fibre di amianto ha un picco massimo a meno di 500m dallo stabilimento ed un secondo massimo a 1.5km, in corrispondenza del centro cittadino». E questo per D’Anna si spiega solo con il fatto che la Eternit non era il solo unico fattore di dispersione, ma ce n’erano ben tre oltre allo stabilimento, assai presenti proprio in centro-città: le coperture degli edifici usurate, il polverino nei sottotetti e il battuto delle strade e nei cortili.
Le morti cittadine sono quindi riconducibili a questo più che all’azienda? «I siti impropri di utilizzo del materiale di scarto che contenevano amianto hanno rilasciato e continuano a rilasciare, ove ancora presenti, notevoli quantità di fibre nell’atmosfera. Negli anni la qualità dell’aria a Casale è migliorata moltissimo mediamente, ma non in maniera puntuale. Ci sono stati alcuni giorni, ad esempio negli anni 90, in cui la quantità era ancora elevata in particolari aree. Ma non possiamo attribuire queste fibre allo stabilimento Eternit perché in quel momento non era attivo».
Il tecnico ha poi posto l’attenzione su un altro dettaglio particolare: utilizzando i report Arpa su tutti gli interventi di bonifica in città è risalito alla data in cui pare che coperture, polverino e battuto siano stati installati. «La maggior parte è stata installata negli anni compresi tra il ’50 e il ’70. Solo l’1% del battuto a Casale ad esempio risale a dopo il 1976».
Ma perché proprio il 1976? Si tratta dell’anno d’insediamento come Ceo di Stephan Schmidheiny in azienda. Il periodo che va da tale data fino alla chiusura dello stabilimento è l’oggetto di interesse dell’attuale procedimento penale. Non prima, non dopo. L’esposizione a fibre d’amianto, che ha portato all’insorgenza del mesotelioma, non è quindi riconducibile a tale periodo?
«312 residenti sui 330 costituiti a processo hanno avuto almeno un periodo di residenza a meno di 300m da un sito in cui sono state utilizzate in maniera impropria fibre di amianto come battuto e/o a meno di 50m da un sito in cui c’era polverino in sottotetto – ha mostrato D’Anna – Lo stesso vale per 55 lavoratori su 62 di quelli costituiti all’Eternit Bis». Risultato che il tecnico ha rilevato incrociando i dati Arpa e le informazioni personali di ciascuna vittima «Si noti come tutti questi materiali (presenti nei siti) sono stati installati prima del 1976».
Nessun controesame è stato ancora condotto dal Pm: è rimandato a data da destinarsi. Si tornerà in aula lunedì 11 luglio. Al banco atteso il tecnico della difesa Gary Marsh, docente dell’Università di Pittsburgh.