I Santi di oggi, 3 novembre, sono Santa Silvia, San B. Emanuele Lozano Garrido e San Martino de Porres
Madre di san Gregorio Magno, è nata a Roma nel 520 dopo Cristo. Ha vissuto fino al 590 circa.
La vita
All’età di 18 anni sposa Gordiano, un ricco membro di una famiglia molto importante. Dalla loro unione nasce colui che diverrà in seguito san Gregorio Magno, Papa e dottore della Chiesa. Silvia è madre devota e premurosa tanto da trasformare la sua casa in monastero nel momento in cui il figlio diventa monaco. Rimasta vedova si ritira in solitudine e meditazione in una casa sull’Aventino. Riesce ancora a vedere suo figlio diventare pontefice e due anni dopo muore.
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B. Emanuele Lozano Garrido
Giornalista e scrittore
Viene soprannominato ‘Lolo’. A sei anni perde il padre e a 15 la madre. Fin da piccolo fa parte dell’Azione Cattolica. Durante la persecuzione religiosa spagnola del 1936 distribuisce clandestinamente l’Eucarestia. Denunciato perché cattolico e perché conserva in casa l’Eucarestia e per tre mesi è detenuto in carcere.
A 22 anni una paralisi lo costringe alla sedia a rotelle. Negli ultimi nove anni diventa anche cieco. Muore mentre con il sacerdote che gli sta vicino pronuncia le ultime parole dell’Ave Maria. I suoi resti mortali si conservano nella chiesa parrocchiale di Santa Maria di Linares, dove è stato battezzato. E’ beatificato nel 2010.
San Martino de Porres
Martino, figlio naturale di un nobile cavaliere spagnolo, nasce a Lima nel 1579. Intorno agli otto anni, il padre lo condusse con sé in Ecuador perché avesse un’educazione adeguata; ma quando fu nominato governatore di Panama, Martino fu ricondotto dalla madre a Lima, dove continuò i suoi studi e apprese il mestiere di “cerusico”, che includeva ampie conoscenze di farmacia e chirurgia. A quindici anni chiese di entrare come semplice fratello laico tra i domenicani del convento della Madonna del Rosario, dove iniziò la sua nuova vita con grandissimo fervore, facendosi servo di tutti i bisogni dei fratelli e dedicandosi ai lavori più umili della casa: venne soprannominato “frate Scopa”. La sua cella divenne il suo quartier generale, dove accorreva ogni genere di persone, dai poveri affamati agli ammalati, dagli ecclesiastici in cerca di consigli allo stesso viceré della città che lo aveva scelto come suo consigliere e gli elargiva consistenti aiuti per le opere di carità. Martino, senza averle programmate, si trovò a gestire: una mensa per i poveri, una scuola per ragazzi (la prima in America Latina per fanciulli poveri) e un ospedale. Di fronte alle sue virtù e alla stima che godeva in tutti gli ambienti della città, i padri domenicani lo ammisero ai voti, sì che Martino, nonostante la sua riluttanza, il 2 giugno 1603 emise professione solenne come fratello cooperatore. Una febbre tifoide, a sessant’anni, lo portò alla tomba. Era il 3 novembre 1639. Fu venerato subito da tutti come un santo, e tale solennemente proclamato nel 1962 da papa Giovanni XXIII.