Oggi, 2 novembre, vengono commemorati tutti i defunti. I Santi sono San Giusto di Trieste, San Marciano di Siria
Commemorazione di tutti i defunti
Il 2 novembre è il giorno che la Chiesa dedica alla commemorazione dei fedeli defunti, che dal popolo viene chiamato semplicemente anche “festa dei defunti”. Ma anche nella messa quotidiana, la liturgia riserva sempre un piccolo spazio, detto “memento, Domine…”, che vuol dire “ricordati, Signore…” e propone preghiere universali di suffragio alle anime di tutti i defunti in Purgatorio. L’idea di ricordare in un unica ricorrenza tutti i morti risale al secolo IX grazie all’abate benedettino sant’Odilone di Cluny. Il significato è quello di pregare per le anime di tutti coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede e si sono addormentati nella speranza della resurrezione e per tutti coloro dei quali solo Dio ha conosciuto la fede.
La vita di San Giusto di Trieste
Martire e patrono di Trieste
Nel giorno della commemorazione dei defunti, vogliamo ricordare San Giusto di Trieste, vissuto ad Aquileia e morto a Trieste nel 303, cristiano fin dalla nascita.
Vittima delle persecuzioni di Diocleziano e Massimiano, subisce il martirio. Sottoposto a un lungo periodo di atroci sofferenze a causa del suo rifiuto di rinnegare la fede cristiana, viene gettato in mare con dei pesi di piombo legati a mani e piedi. Il suo corpo però riaffiora delle acque e viene ritrovato sulla spiaggia di Trieste da un sacerdote che lo avvolge in un prezioso lino e lo seppellisce in un luogo segreto. Nel V secolo verrà edificata una basilica nel punto in cui sorgeva un tempio pagano e in questo luogo vengono trasferite le sue spoglie.
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La vita di San Marciano di Siria
Confessore
Nato a Cirro nel territorio dell’odierna Turchia, Marciano abbandonò la carriera militare per vivere da eremita. Si ritirò in un monastero a Calcedonia, dove, vivendo in una angusta dimora, non si nutriva che la sera di poco pane e acqua. La sua piccola cella era meta di gente in cerca di conforto e saggezza.
Teodoreto, Vescovo di Ciro, compose, nel 423, una “Storia dei Monaci”, dando larga parte a Marciano. Del monaco saggio e solitario scrisse della cella nel deserto, dove non c’era posto che per una sola persona; elogia lo spirito di penitenza; esalta le sue doti soprannaturali e le sue mistiche elevazioni; descrive la vita ascetica e ricorda l’ammirazione di cui era contornato nel deserto.