Le strade del Duce e la polpetta avvelenata
Ribalta nazionale sulla scelta che divide. E che preoccupa Cuttica
ALESSANDRIA – Eppure dovremmo essere nel periodo della rinascita collettiva (il Covid è e, soprattutto, è stato una mazzata per tutti), delle polemiche annacquate (da un Governo Draghi che mette insieme varie anime), dell’abolizione del trash (un esempio: Mediaset che, nei prossimi palinsesti, ridimensiona la D’Urso). Alessandria, a quanto pare, fa eccezione. E si merita pure la ribalta nazionale col “suo” medico che partecipa convintamente alle manifestazioni dei No Vax e, nelle ultime ore, con le polemiche seguite alla richiesta di intitolare una via a Giorgio Almirante, indiscusso leader del Movimento sociale, partito erede, con revisioni varie, della Repubblica sociale e, dunque, del Fascismo.
Su “Repubblica”, Michele Serra, nella rubrica “L’amaca”, che non fa mistero di strizzare l’occhio a sinistra, dedica ad Alessandria uno spazio intitolato “Le strade che portano al Duce”. Cita, in particolare, il presidente del Consiglio, Emanuele Locci (lo riduce a consigliere, ma pazienza), promotore dell’iniziativa, riportandone la frase: “Con questa intitolazione, si riconosce il diritto alla memoria di una comunità politica che, dal 1948, è stata il riferimento di milioni e milioni di italiani”. Secondo Serra, molto più semplicemente, intitolare una strada ad Almirante significa intitolarla al fascismo e alla sue lunghe propaggini neofasciste.
Lo penserà anche l’Anpi, che ricorda che questa è stata la città di Carla Nespolo, e pure l’Isral, che ripercorre le gesta di Almirante, condannandole, e che spiega come Alessandria sia stata insignita, dal presidente della Repubblica, della Medaglia d’oro per il contributo alla lotta di liberazione.
Sull’inopportunità di dedicare una vita ad Almirante saranno convinti anche tutti quelli di centrodestra (sindaco compreso) che, a meno di un anno dalle elezioni amministrative, si sarebbero volentieri evitati una grana simile, in aggiunta a quelle che fanno parte dell’ordinario, aggravate dalla pandemia. Non sarà un dibattito del genere a condizionare l’elettorato, di solito preoccupato più dalla pratica che dall’ideologia. Ma non sbaglia chi pensa che a Cuttica di Revigliasco sia stata servita una polpetta avvelenata. E che, magari, non rimarrà l’unica.