Assoluzione piena per i braccianti ‘ribelli’
La vicenda cominciata nell'estate del 2012 giunge finalmente a una conclusione dopo una lunga battaglia legale
CASTELNUOVO SCRIVIA – Assoluzione piena per il reato d’invasione dei terreni e la prescrizione per decorrenza dei termini per il reato di violenza privata: è questa la sentenza emessa dal giudice del Tribunale di Alessandria contro un sindacalista della Cgil e otto braccianti marocchini denunciati nel lontano novembre 2012 da Bruno Lazzaro per i presunti reati commessi a proprio danno presso l’azienda agricola di sua proprietà, in quel di Castelnuovo Scrivia, strada per Tortona. Ci sono volute ben nove sedute, tra udienze e rinvii, per arrivare a questa sentenza che porta la data del 17 febbraio 2021 e che recentemente è stata depositata con le motivazioni del giudice. Gli avvocati difensori del Presidio sono stati Gianluca Vitale del Foro di Torino e Simonetta Crisci del Foro di Roma.
Non contenti, i Lazzaro si erano dapprima costituiti parte civile, poi avevano rinunciato aprendo una causa a parte contro una trentina di persone attive allora al presidio di Castelnuovo, chiedendo addirittura un risarcimento di un milione e mezzo di euro per danni presunti: è bene quindi ricordare i fatti che hanno portato a questa incredibile vicenda. Il 17 agosto 2012, viene affisso dai Lazzaro, padre e figlio, un cartello, su un palo della luce di fronte al presidio dei quaranta braccianti marocchini dell’azienda agricola in lotta da settimane per i mancati salari e le condizioni di grave sfruttamento, che diceva testualmente: “Comunicato ufficiale. Dal 17 agosto 2012 i marocchini dipendenti dell’azienda agricola Lazzaro Bruno e Lazzaro Mauro cessano l’attività presso la suddetta azienda e non lavorano più“.
A modo suo, il cartello – discriminatorio e razzista, che ha avuto l’onore delle cronache nazionali – comunicava il “licenziamento” di tutti i lavoratori marocchini ancora in forza che avevano osato ribellarsi; gli altri, i Lazzaro li avevano licenziati a fine luglio e sostituiti con una cooperativa di indiani, la Work Service di Brescia. Quasi increduli, i braccianti ancora in forza decidevano di presentarsi comunque il giorno dopo sul posto di lavoro, se non per lavorare almeno per avere, come solitamente avviene in questi casi, la formalizzazione del licenziamento. Di fronte ad un atto dovuto e assolutamente pacifico dei lavoratori, la risposta è stata, tra le urla della moglie di Lazzaro e il latrare dei cani, di denuncia per violenza privata e tentativo di occupare l’azienda. E questo, da parte di quella famiglia – i Lazzaro – che, non molto tempo fa, ha patteggiato un anno e otto mesi per una serie di reati legati allo sfruttamento della manodopera immigrata e, ancora oggi, deve pagare qualcosa come 400 mila euro di salari arretrati a quei braccianti che avevano sudato sangue a raccogliere zucchine e pomodori nei loro campi.
“Sono passati nove anni da allora e comunque noi siamo ancora qui – dicono dal Presidio permanente di Castelnuovo Scrivia – chi pensava che la nostra realtà fosse una fugace meteora destinata presto a scomparire, si è sbagliato di grosso. Al contrario, siamo diventati una realtà di riferimento, riconosciuta per tutti i lavoratori immigrati della Bassa Valle Scrivia: dai corsi d’italiano, agli sportelli legali, alle lotte contro gli sfratti, alla tutela dei lavoratori delle campagne, sono sempre più numerosi i lavoratori che si rivolgono ai nostri sportelli legali e che trovano sostegno alle loro rivendicazioni. E tutto ciò, nonostante l’assordante ed inspiegabile silenzio di molte istituzioni e “media” che preferiscono blaterare di agromafie al Sud, piuttosto che guardarsi a casa loro. Noi continuiamo la nostra lotta, anche se oggi il vento è cambiato e purtroppo in peggio: crediamo che le situazioni d’illegalità, di sfruttamento, l’arroganza dei padroni, si battano solo con la forza, l’unione e la lotta dei lavoratori. Così si conquista la dignità“.