«I Pfas a catena corta interagiscono e si legano alle membrane cellulari»
Parla il ricercatore e membro del Consiglio Superiore di Sanità, Carlo Foresta
PADOVA – Spinetta e Alessandria sono nella morsa di un molteplice ventaglio di inquinanti. Un disastro ambientale acclarato da una sentenza passata in giudicato che costringe la popolazione a convivere con una situazione su cui ora pesa una seconda inchiesta della Procura alessandrina che indaga, insieme ai Carabinieri del Noe, per un’ipotesi di disastro ambientale (bis) e omessa bonifica. Tra le sostanze pericolose riscontrate nella nostra zona, tanto per citarne alcune, ci sono, oltre ai Pfas, anche il cromo esavalente, l’arsenico, il piombo, il ddt, gli idrocarburi pesanti e il cloroformio.
Abbiamo concentrato l’attenzione sui Pfas – della cui famiglia fa parte il cC6O4, la nuova molecola prodotta a Spinetta – al centro di uno studio da parte del professor Carlo Foresta, membro del Consiglio Superiore di Sanità.
La videointervista del professor Foresta: guarda qui
Al ricercatore abbiamo chiesto, senza entrare nel merito del caso spinettese, di spiegare cosa accade all’organismo umano quando entra in contatto con queste sostanze chimiche.
Durante l’audizione in Commissione Ambiente della Camera ha annunciato di condurre ricerca sui cosiddetti Pfas a catena corta. A che punto è lo studio?
“Nei nostri laboratori le progettualità di ricerca riguardanti i Pfas si sono focalizzate soprattutto nella comprensione delle modalità attraverso le quali queste sostanze possono indurre delle modificazioni a livello di molti organi, così come sono state riportate negli studi epidemiologici eseguiti in tutto il mondo: tiroide, fegato, metabolismo, gonadi, osso ecc.
Poiché è verosimile pensare che non in tutti i casi ci sia un’interferenza specifica nei diversi sistemi cellulari caratterizzanti gli organi compromessi, ci siamo soffermati su una globale modificazione delle funzioni delle cellule, ed è qui che abbiamo trovato, studiando il Pfoa e il Pfos, perfluoroalchilici caratterizzati da una catena lunga, una generale interferenza da parte di queste sostanze con le membrane delle cellule, e di conseguenza con variazioni delle funzioni specifiche delle diverse membrane. Ad esempio ne modificano la fluidità, modificano l’attività di recettori di membrana, modificano la funzione di canali ecc.
Queste modificazioni determinano una disfunzione cellulare con conseguente disfunzione di organo – continua il dottor Foresta – Successivamente abbiamo preso in considerazione lo studio dei Pfas a catena corta, poiché la diversa caratterizzazione molecolare di queste sostanze può agire in modo differente. Ad oggi gli studi che abbiamo intrapreso sono in fase di svolgimento e, così come avevo accennato nel corso dell’audizione in Parlamento, confermo che anche i Pfas a catena corta, come il PFHxS e il C6O4, interagiscono e si legano alle membrane cellulari. Questo aspetto però necessita di approfondimenti poiché è necessario capire quali sono le conseguenze di funzione cellulare modificate da questa interferenza”.
Sempre in Commissione ha sostenuto che, per certi aspetti, il cC6O4 è peggiore del Pfoa. Può spiegarci perché?
“L’interazione con le membrane da parte dei Pfas a catena corta può essere più dinamica e questo fenomeno può comportare delle modificazioni di interferenza che dipendono dalle concentrazioni a cui sono sottoposte le cellule e dalla tenacia del legame con le membrane.
Questi fenomeni sono attualmente allo studio nei diversi tipi di cellule che compongono gli organi bersaglio (fegato, tiroide, arterie, ecc). Dalle nostre esperienze, soltanto di laboratorio, il C6O4 interferisce con la funzione piastrinica, così come dimostrato per il Pfoa, ma rimane da confermare il dato della concentrazione a cui sono esposte le piastrine in vivo prima di dare un parere conclusivo sugli effetti che potrebbero determinare i fenomeni cardio e cerebro-vascolari documentati per il Pfoa”.
A Spinetta la Solvay produce il cC6O4, Pfas sostitutivo di Pfoa che ha cessato di produrre nel 2013, annunciando che tale sostituto è innocuo. Non accumulabile negli esseri umani (emivita brevissima). Può fornirci una sua valutazione sul cC6O4?
“Gli studi di accumulo di tale sostanza nei diversi organi non sono di facile esecuzione e devono basarsi sulla disponibilità della sostanza, su valutazioni nei soggetti esposti e se sperimentale sull’esposizione degli animali da laboratorio a queste sostanze. Tutto l’iter non è di nostra competenza. Per quanto riguarda il C6O4 ci siamo basati sugli unici dati disponibili, che sono quelli pubblicati da Solvay sul sito dell’Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche), che riguardano studi di tossicologia sugli animali. Gli studi riportano che il C6O4, rispetto agli altri Pfas, avrebbe un’emivita più bassa e una ridotta tossicità. Ovviamente nulla si sa riguardo all’uomo. Pertanto questi studi necessitano sicuramente di conferme e approfondimenti”.
Quali sono gli effetti dei Pfas sull’organismo umano?
“Abbiamo studiato i meccanismi attraverso i quali Pfoa e Pfos possono determinare le manifestazioni cliniche riportate essere più frequenti nelle popolazioni esposte:
punto primo, il Pfoa interferisce con l’attività del progesterone, ormone fondamentale per regolazione della fisiologia del sistema riproduttivo femminile e per il mantenimento della gravidanza. La ridotta fertilità delle donne, la poliabortività e la nascita precoce dei bambini riferite nelle zone esposte potrebbero essere determinate anche da questo fattore.
Punto secondo, nella popolazione esposta è stata riportata una maggiore frequenza di osteoporosi. Noi abbiamo dimostrato che i Pfas modificano la funzione del recettore della vitamina D, interferendo quindi con l’assorbimento del calcio e creando delle condizioni che facilitano la comparsa dell’osteoporosi.
Punto terzo, i Pfas si legano alle piastrine attivandone la funzione e creando delle condizioni che facilitano la formazione di trombi ed emboli, giustificando quindi la più frequente comparsa di fenomeni cardio e cerebro-vascolari nelle popolazioni esposte.
Punto quarto, i Pfas competono con il testosterone per il legame con il suo recettore. Pertanto, si giustifica la riduzione di produzione degli spermatozoi e soprattutto nei giovani che sono stati concepiti e hanno sviluppato la loro fase adolescenziale in zone inquinate. Tutte queste associazioni di patologia collegate ai Pfas sono riportate nei lavori scientifici che abbiamo pubblicato negli ultimi tre anni, ed attualmente sono in corso ricerche di approfondimento su altri settori”.