Quello che la Cnapi dice… senza dirlo
I rifiuti nucleari italiani sono, ad ora, in un luogo non ritenuto idoneo al Deposito Nazionale
PROVINCIA – Ieri è stata pubblicata la Cnapi, la lista delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il Deposito Nazionale delle scorie nucleari. Uno, per tutt’Italia. Nel testo, redatto da Sogin (la società dello Stato italiano responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare) e che era fermo da anni in attesa del nullaosta alla pubblicazione dei ministeri dell’ambiente e dello sviluppo economico, si individuano 67 potenziali siti ritenuti idonei (alcuni di più, alcuni di meno) ad ospitarlo.
Una decisione, quella di dove realizzarlo, che non è ancora stata presa benchè la pubblicazione sia – finalmente – un importante passo in tale direzione. Sarà uno di quei 67, con buona pace degli amministratori e dei politici che da ieri si stanno prodigando in nette prese di posizione per dire il loro no all’ipotesi: “Non a casa nostra, non a casa mia”. Tutto comprensibile e legittimo.
Ma i rifiuti nucleari che dovranno andare in uno di questi 67 luoghi individuati dalla Cnapi adesso dove sono? Ebbene, sono già in Piemonte, si trovano tra l’Eurex di Saluggia e la Fermi di Trino. Soprattutto sono a Saluggia (circa l’80% di tutte le scorie italiane), dove una centrale nucleare per la produzione di energia non c’è mai stata (a differenza di Trino) e ci sono da anni. A Saluggia c’era “solo” il reattore Avogadro, spento nel 1971 e utilizzato come deposito per conservare il materiale radioattivo.
Nelle more del lungo e tortuoso iter che ha portato, finalmente, alla pubblicazione della Cnapi per individuare il deposito nazionale, il deposito nazionale (di fatto) ha continuato a essere Saluggia, all’interno di un triangolo composto da tre corsi d’acqua: la Dora Baltea, il canale Cavour e il canale Farini. Pochi chilometri più lontano c’è il Po. E sotto il sito? Le falde dell’acquedotto del Monferrato, quello che serve un centinaio di comuni tra le province di Asti, Alessandria e Torino.
Una situazione di potenziale pericolo e di allarme, gli ambientalisti lo dicono da tanto, una situazione nella quale il temporaneo è diventato permanente o quasi. Il rischio, o quantomeno la non idoneità dell’attuale collocazione dei rifiuti a Saluggia (e a Trino), viene implicitamente confermato dalla Cnapi che non inserisce l’area tra le 67 ritenute idonee alla realizzazione del Deposito Nazionale. Che però, anche se così non è chiamato, è ad oggi ancora lì.
Vale a dire: ci sono almeno 67 posti migliori in Italia dove portare questi rifiuti. Che adesso restano a qualche metro di distanza da due canali e un fiume, in una sorta di isoletta, sopra le falde che portano l’acqua potabile al rubinetto di casa di tanti piemontesi. Alcuni di loro da ieri sono giustamente preoccupati. Magari senza sapere che i rifiuti nucleari italiani ce li avevano già dietro casa. Dove resteranno, ancora per qualche anno almeno.