Diamo un nome e un volto alle vittime del virus
Non sappiamo i nomi dei morti. Sappiamo solo che sono deceduti a causa del Covid-19. Conosciamo la loro età, quella sì. Ma quali sono le loro storie? Quali i loro legami? I loro rapporti con la società? Chi lasciano? E cosa ci lasciano?
Di certo sappiamo solo che il numero degli infettati, comunicato giorno dopo giorno dall’Unità di Crisi del Piemonte, presta il fianco ad ambigue interpretazioni. Fino a giovedì le note ufficiali dicevano che i ricoverati in terapia intensiva in provincia di Alessandria erano 24: 1 solo nel capoluogo. Domenica, anche grazie alla pressione delle istituzioni locali, l’ordine di grandezza è stato esplicitato: più di 30 positività nel solo ospedale di Alessandria. Che, stando ad altre indiscrezioni impossibili da certificare ma che ci giungono dall’ambiente sanitario di prima linea, ieri, lunedì, sarebbe salito ancora.
L’Unità di Crisi del Piemonte ha smesso di fornire dati ‘provincia per provincia’: ha preferito affidarsi ad un bollettino giornaliero per far sapere il numero complessivo dei contagi, dei ricoveri in terapia intensiva e dei morti. Numeri, come in guerra. Niente più nomi, niente più storie, niente più vissuto: solo la disumana insensibilità della matematica statistica.
Intanto, negli ospedali della nostra provincia continua ad arrivare gente. E la situazione rischia di diventare drammatica perché se i presìdi ospedalieri vanno in blocco non potranno più essere garantite nemmeno le cure di routine. Il personale sanitario fa turni massacranti da giorni e non può lamentarsi pubblicamente delle carenze del sistema perché teme punizioni irrevocabili.
A peggiorare il quadro ci sono gli irresponsabili che ancora si ostinano a non ascoltare i medici e a scegliere il weekend fuori porta, “la vasca” in centro, la partita di calcetto e l’aperitivo. Un atteggiamento che si basa sull’infondata certezza che tanto tutto andrà bene e che il problema è distante, come se appartenesse ad altri… Ma se così non fosse (e così non è), tutto ciò inciderà sul Sistema Sanitario Nazionale aggravandone ulteriormente il carico di lavoro e la capacità di operare efficacemente.
Ecco perché è importante, fondamentale, in questo momento, fare lo sforzo di ascoltare le indicazioni del Ministero della Salute e di tutti gli operatori che si stanno adoperando per fermare il dilagare di questa epidemia. Perché la salute, purtroppo, non è diritto.