La banca della voce
Di fronte a tanti audio e video falsi, un esempio nobile di utilizzo dell'Intelligenza Artificiale per riprodurre la voce umana.
Fra tante attività nell’ambito delle quali occorre guardarsi dall’uso (e dall’abuso) dell’Intelligenza Artificiale perché non atrofizzi lo spirito critico, la fantasia e la volontà di approfondire, ce ne solo alcune dove questa tecnologia è più che benvenuta e spesso hanno a che fare con la voce. A titolo personale, ricordo di aver dedicato ai tempi dell’università ore a sbobinare le lezioni di diritto privato registrate a lezione e non mi pare che quell’attività mi aiutasse in alcun modo.
Oggi con le soluzioni di AI si possono produrre le minute di una riunione, generare le trascrizioni di un video su YouTube, creare contenuti audio e podcast con strumenti come Elevenlabs, conversare in ogni lingua – anche morta – insieme a ChatGPT: alcuni ricercatori affermano che possa persino aiutarci ad accrescere la conoscenza delle modalità con le quali comunicano fra loro gli animali.
Voice per purpose
Di tutte queste opportunità, la più bella è certo il progetto “Voice for purpose” che mira a utilizzare la sintesi vocale personale – o a ricorrere ad una voce donata da un’altra persona – per consentire alle persone che vivono la perdita della loro voce di mantenere la propria identità. Una voce umana può essere infatti di maggior conforto dell’attuale timbro vocale robotico e metallico.
È un’iniziativa tutta italiana lanciata da alcuni centri di ricerca ed istituti clinici e mette in evidenza, se posta al confronto dei tanti contenuti audio falsi che mirano ad ingannare il pubblico riproducendo la voce di un personaggio famoso o di un familiare, quanto i più grandi rischi dell’Intelligenza Artificiale non abbiano a che fare con aspetti tecnologici, ma con vicende del tutto umane.