“Anora” di Sean Baker
Il film di Sean Baker - vincitore di cinque premi Oscar e già laureato a Cannes con la Palma d'oro - è espressione di un cinema indipendente che convince ma, a tratti, pecca di qualche eccesso.
«Il cinema indipendente sta lottando in questo momento, più che mai», ha spiegato il regista Sean Baker il 22 febbraio scorso, nel corso dei Film Independent Spirit Awards di Santa Monica, dove è stato premiato come miglior autore: «Sono finiti i giorni delle vendite di DVD che permettevano di correre maggiori rischi su film impegnativi. Quel flusso di entrate è sparito, l’unico modo per vedere un significativo ritorno economico è avere un successo al botteghino con profitti che superano di gran lunga ciò che uno qualsiasi dei nostri film vedrà mai». *
Tra commedia e dramma
“Anora” – pellicola trionfatrice nella recente notte degli Oscar con cinque statuette nelle categorie principali (miglior film, regia, attrice protagonista, sceneggiatura originale e montaggio) – è, in effetti, espressione di un cinema lontano dalle Major hollywoodiane, sia a livello di costi produttivi che di contenuti. Un cinema coraggioso e ricco di ossigeno che, però, nel caso specifico, non convince del tutto.
«Le origini di “Anora” risiedono nella mia collaborazione con Karren, che lavora con me sin dal mio debutto con “Four Letter Words” nel 2000. Karren è sposato con una donna russo-americana di Brooklyn, e da tempo volevo raccontare la comunità russofona di Brighton Beach e Coney Island, a cui Karren è molto legato. Questa storia è nata da lì e l’abbiamo sviluppata in circa un anno». Così Baker ricostruisce le origini tematiche della vicenda alla base di “Anora”, e senza dubbio il regista riesce a pennellare un ritratto sociale efficace e vivido, fondato sul divario prevalentemente economico tra Anora, detta Ani (Mikey Madison) – giovane ma già scafata spogliallerista di origine uzbeka con residenza a New York – e Vanya (Mark Ėjdel’štejn), il viziato e immaturo figlio di un magnate russo.
L’emarginazione della ragazza rispetto alla società in cui vive e al clan parentale dell’irresponsabile rampollo con il quale si trova a contrarre matrimonio, palesemente animata dall’ingenua speranza di cambiare vita con una certa facilità, è lampante; così come l’alterità dello stesso gruppo di russi (violenti e sgangherati tirapiedi compresi) nei confronti di un’America frettolosa e indifferente alle dinamiche da cui è attraversata. Eppure, in lunghe sequenze del film, il conflitto di classe e tra classi approda, forse senza volerlo, a un macchiettismo irritante ed eccessivo tipico di uno stile da commedia drammatica che fa sorridere, ma non convince.
Mikey e “Ani”
«Non riuscivo a credere che Sean volesse incontrarmi. “Tangerine” è uno dei miei film preferiti, e quando mi hanno proposto questa storia folle, ho detto subito di sì. Mi sento l’attrice più fortunata del mondo. Sono entrata profondamente nel personaggio. Ho frequentato locali, studiato l’accento di Brighton Beach, imparato il russo e mi sono allenata per ballare sul palo con una coreografa. Volevo portare autenticità al personaggio».
La 25enne Mikey Madison – la nona più giovane interprete a vincere l’Oscar nella lunga storia del premio – è, in effetti, molto efficace nel tratteggiare il carattere di Ani, sempre in bilico tra ingenuità e cinismo, dolcezza e ribellione, tranquillità e isteria. Sospesa tra vita vecchia e nuova, povertà e ricchezza, individualismo e anonimato, il personaggio della Madison viene letteralmente risucchiato – dopo la sbalorditiva ubriacatura iniziale di sesso e lusso – in un terrificante inferno di atti coercitivi e minacce (anche se l’impressione è più quella della farsa) che le fa crollare addosso l’illusoria ipotesi di futuro che aveva accarezzato.
Dalle braccia e dal corpo efebico di Vanya, Ani passa – nel corso della storia e nell’inaspettato epilogo – a quelli più muscolosi e solidi di Igor (Yura Borisov), uno degli scagnozzi di Toros (Karren Karagulian), incaricato dalla famiglia di Vanya di risolvere il “caso”, ottenendo l’annullamento del matrimonio tra i due ragazzi. Igor è la parte del film più legata a una sottile e fragile ma sincera ricerca di umanità, nel caos di situazioni, azioni e caratteri.
Racconta Yura Borisov: «Igor è una persona riflessiva, con un lato molto rispettoso verso Ani. È il ‘muscolo’ del gruppo, ma quando conosce Ani decide di proteggerla, mettendo tutto il resto in secondo piano. Sono stato attratto dall’empatia e dal rispetto che Sean ha verso i suoi personaggi. Anche se le nostre culture sono diverse, condividiamo la visione che le persone, spesso, cercano solo di vivere la propria vita».
Una scena che vede protagonisti Ani e Vanya, subito dopo il loro matrimonio a Las Vegas
Un’estetica anni 70′
Con l’utilizzo di una pellicola a 35 mm, Baker ammette di omaggiare il grande cinema degli anni Settanta del secolo scorso: «Ho sempre guardato al cinema degli anni ’70 per l’ispirazione, non solo quello della New Hollywood, ma anche la cinematografia italiana, spagnola e giapponese dell’epoca. Questo mix di stili mi ha condotto a un’estetica formale e controllata, con movimenti di macchina coreografati per valorizzare le immagini e una fotografia elegante».
Un’estetica formale e rigorosa più che altro a livello visivo, mentre lo svolgimento del plot deflagra in una babele spesso cacofonica di intrecci narrativi e circostanze, osservato attraverso una lente grottescamente deformata. Sotto questo filtro, anche il divario incolmabile tra classi sociali messo in scena da Ani e Vanya risulta debole e inconsistente, perché veicolato da due personaggi pittoreschi e attraenti ma del tutto inconsapevoli per quanto riguarda la sfera della adultità e delle scelte di vita. “Anora” rispecchia in pieno lo stile di Baker, che va rispettato per quello che è, con i suoi barocchismi ma anche con la sua freschezza: tuttavia, cinque premi Oscar appaiono – nel caso specifico – decisamente troppi.
Una vivace scena corale, che mette insieme i personaggi principali di “Anora”
*(Questa e altre citazioni in “Hollywood Reporter”, 26/02/2025
“Anora” (id.)
Regia: Sean Baker
Origine: Usa, 138′
Cast: Mikey Madison – Anora “Ani”, Mark Ėjdel’štejn – Jurij “Vanja” Zacharov, Yuriy Borisov – Igor, Vačʻe Tʻovmasyan – Gaṙnik, Karren Karagulian – Tʻoros, Aleksej Serebrjakov – Nikolaj Zacharov, Daria Ekamasova – Galina Zacharovna
Sceneggiatura: Sean Baker
Fotografia: Drew Daniels
Montaggio: Sean Baker
Scenografia: Stephen Phelps
Produzione: Sean Baker, Samantha Quan, Alex Coco