“Serse Coppi era l’altra metà di Fausto”
Al Museo AcdB con Lucio Rizzica e Paolo Amadori, che ha portato la prima Bianchi del più giovane dei Coppi
ALESSANDRIA – Serse Coppi “Fratello, amico, confidente, angelo custode, gregario, amalgama, ambasciatore con gli avversari. Era la coscienza, anche la leggerezza che forse Fausto avrebbe voluto avere. E sono convinto che se Serse fosse stato vivo, anche la storia di Fausto sarebbe stata diversa“.
Un ritratto emozionante, quello di Lucio Rizzica, di SkySport, regalo di compleanno che AcdB Museo fa al più piccolo della famiglia Coppi, per tutti i compleanni che, dopo quel 29 giugno 1951 a Torino, la morte per le conseguenze di una caduta, non ha più festeggiato. Oggi, 19 marzo, sarebbero stati 102, ma al museo a Palazzo Monferrato hanno scelto di raccontare le storie che consegnano i protagonisti all’eternità, li rendono presenti e vivi.
Oggi è toccato a Serse, a cui Rizzica ha dedicato il libro, scritto nell’anno, 2019, in cui l’attenzione era tutta su Fausto, per il centenario. “Una idea suggerita da Riccardo Magrini, che mi ha preso molto, mi ha coinvolto, grazie anche alla collaborazione di Luciana Rota (che ha moderato l’incontro, ndr), curatrice, mettendo anche a disposizioni materiali”.
Il risultato è un romanzo sull’uomo che era estroverso quanto Fausto era di poche parole, che amava il divertimento, e il fratello a volte gli diceva “Non diventerai mai un campione se non hai disciplina”, e Serse che, il giorno della vittoria della Roubaix, nel 1949, confessava “il premio più bello è l’abbraccio e il bacio di Fausto”.
La sua prima Bianchi
A impreziosire la ‘festa’ per Serse c’è la sua prima bicicletta, una Bianchi, creata nel 1945 e utilizzata nella stagione 1946. Portata al museo diretto da Roberto Livraghi, ed esposta al 3° piano fino a fine settembre, da Paolo Amadori, che insieme a Paolo Tullini, scomparso nel 2024, è autore del volume “Le bici di Coppi”. E’ sua quella Bianchi, “nel 2011 ricevo una telefonata da Genova, una persona che mi dice di avere una bici di Fausto Coppi”.
Amadori non va subito a vederla, ma un mese e mezzo dopo si presenta nel capoluogo ligure, il ‘pezzo’ è in una officina meccanica. “Grazie ai registri di Pinella De Grandi, meccanico della Bianchi e di Coppi, che abbiamo recuperato, ho tutti i numeri di telaio e il destinatorio della bici”. Su quella esposta c’è il numero che, negli archivi, era indicato come quello di Serse, nell’elenco immediatamente successivo a quello di Fausto.
“La bici l’ho acquistata, è nella mia collezione. E’ vero, è quella di Serse, della sua prima stagione nel professionismo –raacconta Amadori – ma può essere considerata come una di Fausto, da cui si differenzia solo per un numero di telaio e un centimetro, 59 contro 60. Ma il modello è lo stesso. Il valore di una bicicletta, che è un oggetto, lo fa la persona che la utilizza e la rende unica“.
E’ una delle ragioni del fascino del ciclismo, “che è popolo – aggiunge Rizzica – è della gente lungo le strade, è stare insieme e la squadra è una famiglia. Forse è l’unico sport che, negli anni, è cambiato per materiali e gare, ma conserva la sua essenza, unica. Che non bisogna mai smettere di raccontare”