“Nelle Rsa ho assistito a maltrattamenti e morti sospette”
La testimonianza dell'alessandrina Jessica Criscuolo: "Ero terrorizzata da quegli ambienti. Non ci tornerò mai più"
ALESSANDRIA – Il lavoro appagante, iniziato per passione e per la voglia di aiutare il prossimo – specialmente le persone più indifese – è diventato un incubo. A tal punto di dover dire ‘basta’. Troppo stress, troppe situazione che non andavano. E poi quegli episodi che l’hanno letteralmente sconvolta.
Jessica Criscuolo è una volontaria di Castellazzo Soccorso e dalla pandemia in avanti ha lavorato come Oss in più strutture, in provincia di Alessandria. Non specifica quali, ma racconta gli orrori a cui ha dovuto assistere. Lo fa mettendoci la faccia, intervistata dalla trasmissione ‘Cartabianca’. Le parole e le immagini sono un pugno allo stomaco. L’ormai ex operatrice delle Rsa riferisce di veri e propri abusi, maltrattamenti e addirittura un caso di uccisione di un malato terminale.
Da volontaria di un gruppo di primo soccorso le era stato chiesto di dare una mano nei reparti Covid delle case di riposo, proprio per l’assoluta mancanza di personale per gestire l’ondata degli infetti. Da qui ne è nata una sincera passione per l’aiuto ai più fragili: “Ho studiato per prendere l’abilitazione da Oss. Prima con un corso online che poi si è dimostrato una fregatura perché non abilitante, poi con le canoniche 40 ore di teoria e pratica ad Alessandria e il riconoscimento del lavoro svolto”.
Nel corso degli anni la ragazza cambia però 5-6 strutture, sempre sul territorio alessandrino. “Quando c’era qualcosa che non andava mi licenziavo, non volevo essere complice di maltrattamenti agli anziani. Ti chiedevano turni di 12-14 ore, ma mi sono sempre rifiutata perché se arrivi al burn out, poi rischi di considerare i pazienti non più delle persone ma delle cose. E di iniziare ad odiare quello che fai”.
Le morti sospette
I due episodi raccontati davanti alle telecamere sono da pelle d’oca. “Cotone messo in bocca per tamponare una perdita di sangue che poi si è trasformata in una emorragia interna. Dalla foto si vede che la persona ha sofferto, si è mossa e avrebbe tentato di alzarsi”. Inesperienza della collega o intenzionalità? “Da tirocinante mi rispondevano: tanto è la tua parola contro la mia. Com’è accaduto quando una malata terminale è stata letteralmente soffocata con due dita in gola da una Oss del mio turno”.
Il lavoro intrapreso perché considerato ‘bello, d’aiuto anche se pieno di responsabilità’ era diventato insostenibile. Jessica lascia il mondo delle case di riposo dopo averne viste troppe: “Pazienti spostati di peso, lavati con acqua gelata per far prima…”
“Ho conosciuto anche operatrici bravissime che svolgono bene il proprio lavoro. Ma forse l’emergenza di prendere chiunque a lavorare, senza esperienza, dopo aver frequentato corsi non formativi e senza neppure conoscere bene l’italiano… Non si può immaginare cosa abbiano subito gli anziani più soli e fragili che devi toccare con tatto e rispetto”.
“Basta case di riposo”
Jessica oggi lavora per una cooperativa legata ai servizi sociali. Sempre nell’ambito della cura e assistenza alle persone in difficoltà, ma con tempi e situazioni decisamente diverse. “Ero terrorizzata da quegli ambienti. Non ci tornerò mai più“.