L’ex Br Azzolini: “Alla Spiotta c’ero, mi dispiace per le due persone morte”
Ad Arzello di Melazzo, il 5 giugno 1975, avvenne il conflitto a fuoco tra i carabinieri e chi teneva sotto sequestro l'imprenditore Vittorio Vallarino Gancia. Morirono il militare Giovanni D'Alfonso e Mara Cagol, moglie di Renato Curcio
ALESSANDRIA – La storia di 50 anni fa torna prepotente e dolorosa nell’aula del Tribunale alessandrino dove, davanti alla Corte d’Assise, il processo che dovrà stabilire cosa accadde alla Cascina Spiotta di Melazzo il 5 giugno 1975, è alle battute iniziali. Quel giorno morirono il carabiniere, Giovanni D’Alfonso, della quale sono stati chiamati a rispondere (le posizioni non sono tutte uguali) due capi storici delle Br, Renato Curcio e Mario Moretti, 84 e 79 anni, e il militante Lauro Azzolini, 79 anni.
E’ stato proprio Azzolini, questa mattina, a fare dichiarazioni spontanee. Ammettendo per la prima volta che fu lui l’uomo che fuggi durante la sparatoria con i Carabinieri.
‘C’ero quel giorno, cinquant’anni fa alla Spiotta – ha pronunciato davanti ai giudici – In un minuto breve di cinquant’anni fa, quando tutto precipitò. Un inferno che ancora oggi mi costa un tremendo sforzo emotivo rivivere, al termine del quale sono morte due persone che non avrebbero dovuto morire. Un padre, di Bruno D’Alfonso, mi dispiace (Azzolini pronuncia quelle parole volgendo lo sguardo verso il figlio del carabiniere ucciso, ndr) e Mara (Cagol, moglie di Renato Curcio, ndr). Mara, una donna eccezionale , una compagna generosa….’.
‘Un giorno maledetto’
‘Un giorno maledetto, che non dimenticherò mai – ha continuato a leggere Lauro Azzolini – ma visto che a distanza di 50 anni si è deciso di portarmi in un processo pubblico, oggi, che di anni ne ho 82 , e tutto intorno a me è cambiato rispetto a quando ne avevo meno di trenta, quando, nel contesto delle lotte di classe, nel duro conflitto sociale, insieme a tanti altri compagni pensavamo di poter fare la rivoluzione. Perché allora il mondo che ci circondava era molto diverso da quello di oggi, seppur in questo presente quotidiano assistiamo a violenze… ho deciso di raccontare quello che quel giorno è successo. Prima che questo processo abbia inizio e prima che lo facciano altri, perché io sono l’unico che ha visto quello che quel giorno è davvero successo...’
‘Un dramma perpetuato per 50 anni’
Bruno D’Alfonso si è costituito parte civile con l’avvocato alessandrino Sergio Favretto. Ed è il legale a commentare le dichiarazioni di Lauro Azzolini.
Lo scontro a fuoco avvenne in occasione della liberazione di Vittorio Vallarino Gancia, imprenditore vinicolo che era stato rapito il giorno precedente e tenuto prigioniero ad Arzello nel comune di Melazzo, sulle colline di Acqui Terme.
Il fascicolo è stato aperto tre anni fa dopo un esposto con cui il figlio di D’Alfonso invitò la Procura a indagare sulla presenza, durante la sparatoria, di un brigatista che non era mai stato individuato. I sospetti degli inquirenti si sono poi indirizzati verso Azzolini. Del caso si sono occupati i carabinieri del Ros.