11 febbraio: il giorno della sicurezza in Rete
Ogni anno si ricorda l'11 febbraio la necessità di adottare comportamenti sicuri in Rete
La Pagina Facebook “Dio ci ama” mette in evidenza un nuovo pericolo della Rete anche se la causa non ha del tutto a che fare con la tecnologia. Questa Pagina pubblica immagini chiaramente create con l’Intelligenza Artificiale, ciascuna con un invito, condito da un certo vittimismo, a supportarne le persone che vi sono raffigurate. Esse sono, di volta in volta, un anziano lasciato solo, un agricoltore oberato dal lavoro, una bambina senza genitori.
Molte sono le persone che cadono del tranello ed il timore è che, quand’anche la tecnologia si occupasse di contraddistinguere queste immagini in modo che risultino ancor più chiaramente false, la volontà di credervi sia troppo forte per rendersi conto del trucco. Eppure, è proprio ciò che conferma le nostre opinioni che deve essere verificato.
Il giorno della sicurezza online
Quando l’AI Act entrerà, il prossimo anno, pienamente in vigore sarà obbligatorio rivelare che un’immagine è stata creata con l’Intelligenza Artificiale, ma intanto prestare credito a immagini e video falsi rappresenta un rischio che si aggiunge ai tanti altri che vengono ricordati durante il Safer Internet Day del 11 febbraio.
Se un tempo il rischio era rispondere alla mail proveniente dalla Nigeria che invitava a sostenere un principe ingiustamente deposto, oggi il phishing può assumere la voce di un figlio inviata in un audio su WhatsApp o una richiesta di aiuto su veicolate su Facebook Messenger senza dimenticare le famigerate “sfide” che non sono mai sparite su YouTube e TikTok.
Poiché poi vi sono – come ammoniva Shakespeare – più cose in cielo e in terra di quante ne possa immaginare la fantasia degli sceneggiatori di Hollywood, vi sono persino i primi casi di disturbi affettivi prodotti dalla relazione con un chatbot senza trascurare gli ancora più insidiosi rischi di un uso superficiale di username, password e codici di accesso, soprattutto se questo permette di bucare i dati di una scuola, di un’azienda, di un ospedale. Fra il fatalistico “speriamo che non accada proprio a me” e l’avventato “non ho nulla da nascondere” deve infatti farsi strada una cultura della sicurezza online che passa dalla tecnologia tanto quanto passa dal comportamento di ciascuno.