Boom di richieste di cassa integrazione nell’artigianato piemontese
Nel 2024, le imprese artigiane del Piemonte hanno registrato un aumento del 62% nell’utilizzo della cassa integrazione rispetto all’anno precedente
TORINO – La crisi dell’artigianato si fa sempre più evidente in Piemonte, con dati preoccupanti che fotografano una congiuntura economica estremamente negativa. Da gennaio a novembre 2024, 4.666 imprese artigiane hanno fatto ricorso alla cassa integrazione, coinvolgendo un totale di 26.110 addetti. Un incremento che ha richiesto un impegno finanziario pari a 8.878.777,14 euro lordi, in crescita di quasi il 62% rispetto allo stesso periodo del 2023 (5.480.904,18 euro).
I comparti maggiormente in difficoltà sono stati la produzione e lavorazione di metalli, la meccanica di precisione, il tessile e l’abbigliamento. Secondo Giorgio Felici, presidente di Confartigianato Piemonte, “il calo della produzione di macchinari è legato a fattori come la diminuzione della domanda tedesca, la crisi degli investimenti e le difficoltà del settore automotive”. Il tessile, invece, ha subito una flessione a causa della concorrenza cinese e dello stop all’export in Russia.
Anche il settore moda, tradizionalmente un vanto del Made in Italy, è stato duramente colpito da una serie di problematiche. Aumento dei costi energetici e dei trasporti, in primis. E poi difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e concorrenza dell’e-commerce, che ha penalizzato le piccole imprese meno digitalizzate.
Confartigianato Piemonte, i numeri della crisi
A livello provinciale, Torino è la zona più colpita, con 2.125 imprese e 11.687 addetti coinvolti nella cassa integrazione nel 2024. Seguono Alessandria (601 imprese, 3.288 addetti), Biella (465 imprese, 2.906 addetti), Cuneo (426 imprese, 2.729 addetti) e Novara (420 imprese, 2.161 addetti). Numeri significativi anche per Asti (228 imprese, 1.235 addetti), il Verbano (222 imprese, 1.159 addetti) e Vercelli (179 imprese, 945 addetti).
Le difficoltà del settore artigiano sono attribuibili a diversi fattori:
- Crisi dell’automotive: il calo della produzione di veicoli endotermici, legato alle nuove direttive UE sui veicoli elettrici, ha colpito l’intera filiera.
- Decalage del Superbonus: molte imprese edili hanno subito contraccolpi a causa della riduzione degli incentivi.
- Costi energetici elevati: le spinte inflazionistiche hanno aggravato la situazione, riducendo la competitività delle aziende.
- Crisi geopolitica: le tensioni internazionali hanno influito negativamente sulla domanda estera, con un calo delle esportazioni del -7,5% verso la Germania nei primi nove mesi del 2023.
Le soluzioni auspicabili
“Per il settore Moda – sottolinea Felici – occorrerebbe estendere il fondo di sostegno a tutta la manifattura. Considerando l’importanza strategica di queste imprese per l’economia italiana”. Inoltre, è fondamentale implementare politiche che favoriscano la transizione digitale delle aziende artigiane e riducano i costi del lavoro.