Coldiretti: “Export cibo italiano raddoppiato in 10 anni, vino al top”
Il Made in Italy sfiora i 70 miliardi nel 2024, ma il falso tricolore vale 120 miliardi. «Urgente investire in infrastrutture e reciprocità commerciale»
ALESSANDRIA – Le esportazioni di cibo italiano hanno raggiunto il record storico di quasi 70 miliardi di euro nel 2024. Registrando un incremento del 100% rispetto ai 34 miliardi del 2014. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti su dati Istat, che evidenzia l’incredibile crescita del Made in Italy agroalimentare sui mercati mondiali.
Export: Stati Uniti al top, Europa in crescita
Il maggiore incremento si registra sul mercato americano, dove l’export italiano di prodotti enogastronomici è aumentato di circa il 150% in dieci anni.
Seguono mercati chiave come la Francia (+90%), la Germania (+71%) e la Gran Bretagna (+57%), tutti segnati da una crescita costante.
Il prodotto più esportato è il vino, che guida una classifica completata da ortofrutta trasformata, formaggi, pasta e altri derivati dai cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva.
Mauro Bianco, presidente di Coldiretti Alessandria, sottolinea: «Il successo dell’agroalimentare Made in Italy è merito di una filiera che coinvolge 4 milioni di lavoratori. Distribuiti peraltro tra 740mila aziende agricole e 70mila industrie alimentari. Abbiamo le potenzialità per raggiungere i 100 miliardi di export entro il 2030, ma dobbiamo intervenire su alcune criticità».
Sfide infrastrutturali e lotta alla contraffazione
Per mantenere questo trend positivo, è necessario superare i ritardi infrastrutturali che penalizzano il settore. E che costano all’Italia 9 miliardi di mancate esportazioni ogni anno.
Inoltre, si deve combattere la contraffazione, il cosiddetto “italian sounding”, che genera un giro d’affari globale di ben 120 miliardi di euro.
Roberto Bianco, direttore di Coldiretti Alessandria, aggiunge: «L’Unione Europea deve garantire maggiore tutela commerciale applicando il principio di reciprocità negli accordi internazionali. Questo permetterebbe di arginare la proliferazione del falso Made in Italy e valorizzare le eccellenze autentiche della nostra filiera».