Storia dei giornali di Valenza
Un nuovo approfondimento del professor Maggiora
VALENZA – Dalle nostre parti il giornale, quale organo politico, aveva origine nel breve periodo repubblicano e poi napoleonico, che va dal 1796 al 1815. La “Liberté” diede via libera alla stampa e da noi di quei tempi si ricorda una “Gazzetta” del Dipartimento di Marengo.
Solo nel 1848 troviamo qui il giornale “L’Avvenire”, Gazzetta ufficiale della Divisione di Alessandria. Nel 1853, col modello della tipografia Sociale, denominazione che già indica i tempi nuovi, si pubblicava “L’Avvisatore Alessandrino”, un giornale che usciva tre volte la settimana e che aveva una certa tiratura anche a Valenza. Più tardi la testata del giornale cambierà in quella di “Avvisatore della Provincia”.
Nel 1865 nascevano due nuovi giornali: “L’Eco del Tanaro”, scomparso dopo qualche anno di vita stentata. Lunga vita aveva invece un confratello “L’Osservatore”, giornale politico, amministrativo, industriale, commerciale e agricolo, ufficiale della Camera di Commercio e Arti della Provincia di Alessandria. Si vendeva il mercoledì e il sabato. A Valenza l’unico vero giornale periodico locale, a tiratura limitata, era “Bormida e Po” che in qualche modo ha anticipato tutti.
In seguito per un ventennio non si trova più notizia di nuovi giornali, ma il 12 aprile 1885, ecco il terzo foglio del momento, un settimanale politico-amministrativo letterario della tipografia Gazzotti di Alessandria “La Lega” che diventava dopo qualche anno “La Lega Liberale”, giornale del cosiddetto Partito Costituzionale. Era un foglio battagliero che sovente, per fondamentalismo ideologico, si scontrava con le forze socialiste in crescente sviluppo.
In questi anni, anche la città di Valenza vedeva fiorire un nuovo ed energico vigore culturale, testimoniato dalla nascita di alcuni giornali locali. Questi nuovi media accompagneranno da vicino l’evoluzione della città in un periodo di profondi e rapidi mutamenti sociali, economici e politici. Questa fioritura editoriale può essere interpretata come un segno della vivacità intellettuale e del fermento culturale che caratterizzava la città in quel momento. Tuttavia, è importante sottolineare che questa effervescenza si scontrava con l’alto tasso di analfabetismo che limitava il pubblico locale dei lettori a meno di un migliaio di persone.
Questi giornali e periodici saranno, in realtà, strumenti di pressione politica nelle mani di piccoli e occasionali gruppi, incapaci di dar vita a progetti editoriali duraturi nel tempo. Tale tendenza non era nuova, poiché già nel periodo risorgimentale precedente, fogli volanti e opuscoli, che invocavano spesso la rivolta, erano comparsi, ma avevano sempre avuto vita breve.
Nonostante le difficoltà e i limiti, questa nascita di iniziative editoriali a Valenza dimostrava una vivacità culturale e un desiderio di partecipazione alla vita pubblica. La città sembrava attraversare una fase di fermento e di sperimentazione, in cui nuove voci e nuove prospettive emergevano per cercare di plasmare il futuro della comunità.
Il primo gennaio del 1888, la città di Valenza vedeva l’apparizione del suo primo giornale locale, “Il Gazzettino di Valenza“. La pubblicazione era stata ispirata e veniva diretta da Giusto Calvi, uno studioso locale attento alle questioni sociali, alle disuguaglianze del popolo e ai problemi del proletariato. Calvi, ancora affiliato al gruppo operaio e repubblicano, sarebbe in seguito diventato una figura di spicco del socialismo italiano.
Il giornale si contraddistingueva per una linea politica di sinistra, con l’obiettivo primario di rinnovare l’amministrazione cittadina, ancora saldamente in mano a una classe patrizia terriera, e di scardinare il pensiero conformista dominante. “Il Gazzettino di Valenza” veniva distribuito ogni domenica mattina, e diventò ben presto una voce importante per la comunità locale. Purtroppo, la sua vita sarà breve: dopo soli sette mesi di pubblicazione, il 30 luglio 1888, il giornale cessava le sue attività in seguito al trasferimento del suo direttore, Giusto Calvi, a Buenos Aires.
Questo esodo di Calvi riflette un fenomeno più ampio, poiché nello stesso anno alcune centinaia di valenzani hanno scelto di emigrare nelle Americhe. La vicenda del “Gazzettino di Valenza” rappresenta un episodio significativo della storia locale, emblematico delle turbolenze sociali e politiche che attraversavano la città di fine Ottocento. La breve ma intensa esperienza di questo giornale riformista e progressista ci restituisce uno spaccato del fermento intellettuale e delle aspirazioni di cambiamento che animavano una parte della società valenzana in quel periodo.
Dopo pochi giorni, il 19 agosto 1888, veniva pubblicato il primo numero della “Gazzetta di Valenza”, un settimanale concepito come ideale proseguimento del Gazzettino. Questa nuova testata, destinata a un’esistenza travagliata, era fortemente sostenuta dal rilevante e retorico gruppo locale della sinistra, ed era funzionale alle imminenti elezioni comunali che avrebbero profondamente modificato l’assetto dell’amministrazione cittadina. Infatti, con la nuova legislazione, la nomina del sindaco non sarebbe più stata una prerogativa regia, ma sarebbe spettata direttamente al Consiglio comunale.
Calvi, tornato a Valenza dopo la parentesi argentina, si era rapidamente riallacciato ai rapporti con i vecchi amici del Gazzettino, costituendo attorno a sé un nucleo di rilevanti protagonisti della cultura valenzana: Alfredo Compiano, Luigi Passoni, Massimo Gaudino, Edoardo Monelli, Teresio Oliva. Questo gruppo, dopo la fondazione del partito al congresso di Genova nell’agosto 1892, si era presentato come un locale cartello socialista, deciso a farsi promotore di una profonda rinnovazione politica e sociale. Ben presto, il 2 ottobre 1892, questi socialisti valenzani, guidati da Calvi ed eccessivamente convinti della propria supremazia, pubblicavano il primo numero di un nuovo periodico, “L’Avanti-Gazzettino di Valenza”. I redattori principali erano Compiano e lo stesso Calvi, e il giornale usciva la domenica mattina al prezzo di 5 centesimi, con un abbonamento annuo di 3,50 lire. Questa iniziativa editoriale, intrisa di un fervente spirito riformista, si proponeva di dare voce alle istanze di cambiamento che agitavano la città, in vista di un radicale rinnovamento dell’amministrazione comunale. Un pensiero molto esteso tra le élite nostrane o presunti intelligenti, ancora Incapaci di orientare i comuni cittadini.
La pubblicazione del primo numero rappresentò un vero e proprio terremoto politico-culturale nella piccola città di Valenza, che all’epoca contava circa 10.000 abitanti. Con una tiratura iniziale di 2.000 copie, il giornale si proponeva fin da subito come una voce battagliera e polemica, tesa a contrastare l’ordine politico tradizionalista e conservatore vigente in quel periodo. La linea editoriale de “L’Avanti” era senza dubbio agguerrita e combattiva, come testimonia il continuo scontro con le autorità pubbliche locali. Questo conflitto durerà sino all’ottobre 1896, quando purtroppo la pubblicazione del periodico dovette essere sospesa per motivi non meglio precisati.
Nello stesso periodo, il 5 aprile 1896, nasceva un altro periodico, il “Gazzettino di Valenza F.F.V.“. A differenza dell’“Avanti”, questo nuovo foglio si presentava con più modeste ambizioni, concentrandosi maggiormente sulla cronaca locale e dichiarando di voler evitare qualsiasi coinvolgimento in questioni politiche. Tuttavia, questa pretesa di apartiticità fu in realtà piuttosto artificiosa, poiché il “Gazzettino” non seppe poi darsi un indirizzo politico chiaro e coerente. Il 28 maggio 1898, dopo 111 numeri, il “Gazzettino di Valenza F.F.V.” cessava le pubblicazioni.
Poi, il 25 gennaio 1903, con voglia di primeggiare, faceva la sua comparsa un nuovo giornale, “L’Aurora Liberale Gazzetta di Valenza – Organo ufficiale dell’Unione Liberale“. Questa testata, uscendo la domenica a un costo di 5 centesimi a copia e con un abbonamento annuo di 4 lire, si presentava invece come esplicitamente schierata su posizioni liberali e conservatrici, sposando i valori tradizionali dell’Italia post-unitaria: Dio, patria e famiglia.
La sezione locale del Partito Socialista Italiano, che contava circa un migliaio d’iscritti, svolgeva un ruolo efficace nell’animare il dibattito politico della città negli anni 1911-1912. In quel periodo, le discussioni all’interno dei vari gruppi politici locali sulla guerra contro gli Ottomani e le popolazioni indigene per l’annessione della Libia erano particolarmente vivaci e le posizioni al riguardo fortemente divergenti.
Mentre la stragrande maggioranza dei liberali e delle associazioni cittadine appoggiava con entusiasmo la spedizione militare, auspicando l’espansione coloniale italiana in Nord Africa, una voce fuori dal coro era quella del periodico “La Scure, Organo del Partito Socialista del Collegio di Valenza”, fondato da Giusto Calvi nel 1906, il cui primo numero era uscito il 17 giugno 1906 e che sarà pubblicato per ben 15 anni, dal 1906 al 1921, con grande successo di pubblico. Questo giornale di orientamento riformista e anticlericale, si distinguerà per la sua ferma critica all’avventura libica, rifiutando la retorica trionfalistica che esaltava “Tripoli bel suol d’amore” come simbolo dell’impresa coloniale. Le colonne del periodico contenevano appelli all’intemperanza e al contrasto, mettendo in guardia contro i rischi di un conflitto sanguinoso e prolungato.
Nonostante in città la maggioranza delle voci era a favore dell’intervento, il piccolo gruppo di intellettuali e attivisti che ruotava attorno a La Scure non si rassegnava e proseguiva nella sua battaglia, soprattutto, contro il potere nazionale.
All’esordio il giornale si era dichiarato: “Arma di difesa contro gli abusi e i soprusi delle cricche dominanti”. Amato e detestato, sarà spesso insolente e offensivo verso gli avversari con la sicumera da primo della classe. Dopo Calvi, che morirà nel 1908, sarà diretto da Ernesto Pozzi e da Giuseppe Olivero. Punto d’incontro e di stampa era la tipografia Battezzati, sempre pronta a messaggi di rottura: un vitalismo croce e delizia di tanti.
Il 20 settembre 1914 vedeva il debutto del periodico “L’Azione – Gazzetta quindicinale di Valenza – Organo dell’Associazione Costituzionale Democratica“. Stampato dalla tipografia Farina e diretto da Luigi Raiteri, il giornale usciva ogni domenica, con un costo di 5 centesimi per singola copia e un abbonamento annuo di 2,50 lire. Questa nuova pubblicazione rappresentava un importante cambiamento nel panorama politico locale, giacché i liberali, desiderosi di rinnovare la loro immagine, avevano sciolto l’Unione Liberale per fondare l’Associazione Costituzionale Democratica, trasformando il loro periodico “L’Aurora Liberale” nel nuovo “Azione”.
Solo pochi mesi dopo, il 2 gennaio 1915, anche i cattolici di Valenza entravano nel mondo dell’editoria locale con un loro settimanale, “Il Corriere del Collegio di Valenza“, dalla Voce dell’Operaio, venduto a 10 centesimi. Questo nuovo organo ufficiale del movimento cattolico valenzano era caratterizzato da un approccio anticonformistico e battagliero, grazie all’influenza della componente giovanile oratoriale, che mirava a scuotere la presunta inerzia della comunità credente cittadina, la quale, permeata di pregiudizi, operava senza mai impolverarsi troppo. L’ultimo numero di questo periodico uscirà l’8 settembre 1923, a causa delle pressioni e a un’ampia campagna di discredito compiute del Regime fascista.
Intanto, con l’entrata in guerra dell’Italia, la pubblicazione del giornale dei costituzionalisti “Azione” veniva sospesa, vittima di un oblio più etico che politico. Questo evento segnava la fine di una stagione di vivace confronto tra le diverse forze politiche locali, che aveva caratterizzato gli anni precedenti la Grande Guerra. Le restrizioni alla libertà di stampa e di parola, purtroppo, diventeranno presto la norma.
La sera dell’8 giugno 1921, nei pressi del Circolo Comunista di via Magenta, una sparatoria portava alla morte di un giovane squadrista per mano di un colpo di fucile da caccia. In seguito a questo incidente, il Circolo Comunista e la Camera del Lavoro venivano incendiati, segnando un punto di svolta radicale. Nulla sarebbe stato più come prima: persino il glorioso e ostile giornale socialista “La Scure” cessava le pubblicazioni. Il 10 luglio, a suggellare il passaggio a questa nuova era, veniva pubblicato il settimanale locale fascista “La Mazza“, bollettino settimanale del Fascio Valenzano di Combattimento Vincenzo Alferano. Questo giornale, in realtà, era già in circolazione in qualche modo dal 1919. Sarà diretto per un certo periodo da Aldo Marchese, il quale nel 1926 diventerà Segretario provinciale del Partito Fascista, e redatto dal segretario politico locale e giornalista Mario Alberto Tuninetti, figura emblematica dell’italiano del ventennio fascista. Trascorrerà molto tempo prima che a Valenza venga nuovamente pubblicata una durevole pubblicazione periodica locale. Sarà Il Piccolo di Alessandria che dal 1925 riferirà, senza boria, le notizie di Valenza fino ai giorni nostri.
Soltanto nel febbraio 1959, l’Associazione Orafa Valenzana inizierà a pubblicare, come organo ufficiale, la rivista inizialmente bimestrale “L’Orafo Valenzano“, che raggiungerà presto una tiratura di 3.000 copie, diretta da Giorgio Andreone. Tuttavia, un numero zero era già stato inviato ai soci nel dicembre del 1958, quasi come un preludio a questa nuova era di rinascita editoriale locale con un linguaggio chiaro e mai banale.
Negli anni più bollenti della politica locale, disprezzandosi e ingiuriandosi reciprocamente anche tramite la carta stampata, le due più rilevanti forze politiche valenzane pubblicavano il loro giornale autoctono. Nel 1962 veniva fondato il giornale “Valentia”, organo quindicinale del Partito Comunista e nel 1963, per non essere da meno, la Democrazia Cristiana pubblicava “Il Popolo di Valenza”, anch’esso quindicinale.
La loro vita sarà non troppa estesa, poiché dopo qualche anno di lotte politiche furiose, che sfiorarono spesso il ridicolo, arriverà la pace e la reggenza congiunta del Comune, ma più che aria fresca sembrerà aria fritta che durerà poco. Poi, anni dopo, sarà in pratica rigenerata e infine messa sottosopra con smanie di successo e vanità, ma senza più periodici stampati e pubblicati a Valenza. Ma questi sono dettagli che oggi nel nuovo mondo mediatico si possono trascurare.