Cliffhanger
Il finale sospeso è la tecnica con cui le serie terminano gli episodi con una suspence che porta a guardarli l'uno dietro l'altro
Per noi ragazzi degli anni Novanta, Cliffhanger è il titolo di un film con Sylvester Stallone nei dubbi panni di uno scalatore. A ripensarci ora, si trattava di una vera e propria americanata per chi, come noi italiani, ha fra le memorie nazionali le imprese di alpinisti come Cassin, Bonatti e Messner.
Ai tempi di oggi, Cliffhanger è soprattutto il termine – la cui traduzione potrebbe essere “finale sospeso” – con cui si possono descrivere, in una serie, le ultime scene di un episodio: la suspense è spesso troppo forte per resistere alla tentazione di iniziare la puntata successiva. È così che una serata dedicata a vedere una puntata de “Il problema dei tre corpi” diventa una nottata insonne all’insegna di quella insalubre abitudine che viene chiamata binge-watching.
Il successo delle piattaforme di streaming non è casuale. Accanto a queste forme di articolazione delle puntate come anelli di un’unica catena, vi sono le classifiche Top10 della settimana, i trailer, le presentazioni e soprattutto le infinite raccomandazioni di contenuti simili. Netflix, primo fra tutti, ha compreso infatti come Internet non sia una biblioteca. In quest’ultima, un libro può essere collocato su un solo scaffale: online invece ogni articolo può essere catalogato in infinite categorie. Per regista, per protagonista, per tipologia, per ambientazione e via discorrendo.
Se da un lato, in questo modo, la personalizzazione dell’offerta è estrema, dall’altro l’esperienza che se ne può trarre è frustrante. Trascorrere buone mezz’ore alla ricerca di film e serie tutti interessanti può condurre alla fine a premere Play per disperazione per poi ovviamente addormentarsi dopo 5 minuti. È l’effetto dell’Asino di Buridano che, non sapendo scegliere fra i fasci di fieno che aveva davanti a sè, alla fine morì di inedia.