Il corpo di un clochard trovato in una fabbrica abbandonata
Il corpo senza vita di un senzatetto è stato trovato in una fabbrica abbandonata a Tortona. Nessuno lo vedeva da…
ALESSANDRIA – Sono almeno una ventina i senzatetto che si arrabattano nelle notti alessandrine, col gelo da contrastare e il nuovo giorno da attendere.
Lo fanno in una roulotte, come quello che è pressoché in pianta stabile nel parcheggio di viale Michel, col suo fedele cagnolino: oppure in un’auto, come madre e figlia che sostano all’ex Gil. Oppure sotto gli androni, come chi da tempo immemore ha scelto un palazzo di corso Crimea o come quell’altro che preferisce piazza della Libertà.
Ci ritornano alla mente tutti i volti, compreso quello del sanmichelese che si rifugia, su due ruolotte, dalle parti di Panorama o quello del signore gentile che sogna un posto da Amazon, e intanto se sta sulla sua vettura nel parcheggio della stazione.
Il corpo di un clochard trovato in una fabbrica abbandonata
Il corpo senza vita di un senzatetto è stato trovato in una fabbrica abbandonata a Tortona. Nessuno lo vedeva da…
Ci ritornano alla mente tutti, leggendo di Mohamed Son, l’uomo senza fissa dimora che stamani è stato trovato morto su una panchina in circonvallazione, dalle parti dell’istituto Volta. Chi ne ha notato il corpo esamine ha chiamato i soccorsi. Niente da fare, se n’è andato così, nella solitudine di un’alba, non lontano dal passaggio di vetture guidate da gente indaffarata, nella città che sopporta il tran tran quotidiano.
Contrariamente agli altri (quelli delle ruolotte, degli androni, delle auto…). Mohamed non era seguito dall’Unità di strada della Casa di quartiere, con la quale (e con l’assessore Roberta Cazzulo) qualche notte fa siamo andati a tentare di capire l’Alessandria dei senzatetto, molti dei quali rifiutano ogni tipo d’aiuto, compreso il seppur relativo confort del dormitorio.
Risulta che di recente sia andato in via Verona, nella sede della Casa di quartiere, abbia chiesto una coperta e un sacco a pelo. E che se ne sia andato, felice di quanto ottenuto.
Uno dei suoi riferimenti dell’Alessandria che accoglie era il “drop in”, la struttura a cui si rivolge chi è affetto da dipendenze. Come Mohamed. Che qui si faceva chiamare Fausi, perché, come ci è stato spiegato, nessuno, in questa struttura, viene schedato e ognuno può scegliere il nome che gli pare. Fausi era il suo, il ragazzo con il sorriso, gli occhiali da sole e la bicicletta, come hanno scritto su Facebook, congedandosi da lui, gli operatori del prezioso servizio di via Santa Caterina.
La panchina che, per l’ultima volta, ha ospitato Mohamed-Fausi non è lontana. Il resto è l’umana pietà che si deve (anche) a chi ha avuto una vita sdrucciola e l’ha finita sotto le stelle, al freddo di una città che s’era appena svegliata.