Oggi è la giornata contro la violenza sulle donne. Me.dea: “Oltre 80 vittime, 2 alessandrine”
Ecco i numeri (agghiaccianti) del centro antiviolenza. Aumentano del +7% le richieste rispetto al 2023, con 230 donne accolte
ALESSANDRIA – Oggi è la Giornata contro la violenza sulle donne. Giornata che osserviamo sempre più gravemente, anno dopo anno: perché i dati rivelano una situazione agghiacciante.
Di fronte a questo quadro il Centro Antiviolenza Me.dea si chiede “Cosa possiamo dire di nuovo, alla viglia del 25 novembre?“. Domanda dove “di nuovo” può avere due diversi significati.
Da un lato, quindi, si chiede cosa possiamo apportare di originale alla narrazione sulla donna, che non sia lo slogan da femministi dell’8 marzo, ma che abbia un significato autentico. In altre parole, un femminismo vero. Dall’altro, invece, si interroga su cosa serva dire nuovamente, ovvero su cosa serva ribadire. Perché la situazione non cambia, e i numeri lo spiegano chiaramente.
I numeri della violenza
Le cifre provengono dal Centro studi (seguito da Carlotta Sartorio) di Me.dea. E censiscono “la drammaticità die numeri e della cronaca quotidiana”.
- oltre 80: sono le donne uccise finora nel 2024 in Italia.
- 13: gli anni della vittima più giovane.
- 89: gli anni della vittima più anziana.
- 15: l’età dell’assassino più giovane.
- 92: l’età dell’assassino più anziano.
- 27: gli autori del femminicidio che si sono tolti la vita dopo il crimine.
- 230: le donne accolte dal Centro Antiviolenza dall’inizio dell’anno.
- +7%: l’incremento di donne che si sono rivolte a Me.dea rispetto all’anno scorso (il dato era già in aumento nel 2022 e nel 2023).
- 238: i figli coinvolti, anch’essi vittime di violenza assistita.
- 2: le vittime di quest’anno in provincia di Alessandria, di cui ricordiamo anche i nomi: Patrizia Russo e Giuseppina Rocca.
La Giornata contro la violenza sulle donne. E contro il patriarcato
Di fronte a questa realtà sconcertante, verrebbe solo da chiedersi il perché. Me.dea, d’altro canto, ci racconta il suo di perché: “Il desiderio di sradicare la violenza di genere in tutte le sue forme, sia all’interno sia fuori dalla famiglia, parte dal voler abbattere alcuni concetti. Concetti come il patriarcato, la prevaricazione, il potere sull’altra”.
Patriarcato che, contrariamente da quanto affermato dall’on. ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, esiste ancora. Ogni volta che si fa del catcalling, che si parla di gender gap (le donne prendono mediamente il 20% in meno rispetto agli uomini) o che si colpevolizza una vittima di violenza. O ancora, come quest’anno, che si sente la necessità di osservare una giornata in cui si ricorda che oltre 80 donne sono state uccise per violenza di genere, per possesso, per gelosia.
Uccise in quanto donne. Ecco perché il patriarcato è un problema culturale: si può cambiare, serve cambiare. E non si dia la colpa agli immigrati (vedasi il discorso del ministro Valditara alla Fondazione Cecchettin), perché, ancora una volta, i dati parlano chiaro: la maggior parte di quegli ottanta criminali che quest’anno in Italia ha commesso un femminicidio è italiana. Il marito di Patrizia Russo, Giovanni Salamone, è italiano. E lo era anche quello di Giuseppina Rocca, Luciano Turco.
I numeri della speranza
Mentre (forse) si prova a cambiare, il Centro Antiviolenza Me.dea lavora da oltre 15 anni sul territorio alessandrino. Ed è simbolo di salvezza e di speranza per molte donne, che quotidianamente beneficiano dei molti servizi offerti. Quali strutture protette, orientamento e inserimento lavorativo, percorsi di autonomia e supporto e sensibilizzazione.
“Negli anni – raccontano – la gravità del fenomeno è aumentata: dall’apertura abbiamo accolto oltre 2.500 donne. E questo ci ha portate a triplicare l’organico. Con, ad oggi, 20 operatrici dei Centri, 5 operatrici dell’ospitalità e 40 volontarie. Me.dea offre ogni anno 125.000 ore di lavoro svolto da operatrici professioniste”.