Ramstein: “Così ho visto morire il capitano Giorgio Alessio”
Il velivolo di Alessio fu colpito in seguito alla collisione tra il solista Ivo Nutarelli e Mario Naldini
ALESSANDRIA – Trentasei anni fa nella collisione aerea di Ramstein moriva il capitano Giorgio Alessio.
L’ufficiale dell’aeronautica nacque ad Alessandria il 17 aprile del 1957, ed era l’ultimo di quattro fratelli.
Era il 28 agosto 1988: nell’incidente durante l’esibizione delle Frecce Tricolori, nella base NATO in Germania Ovest, persero la vita, oltre all’ufficiale alessandrino, anche il solista tenente colonnello Ivo Nutarelli e il suo pari grado Mario Naldini .
L’incidente avvenne quando la pattuglia acrobatica italiana si apprestava a completare la figura del cardioide (a forma di cuore), davanti a circa 300 mila persone.
La collisione in volo si verificò fra i tre Aermacchi MB-339PAN pilotati dal tenente colonnello Ivo Nutarelli (PONY 10, solista), dal tenente colonnello Mario Naldini (PONY 1, capo formazione) e dal capitano Giorgio Alessio (PONY 2, 1° gregario sinistro).
Gli aerei PONY 1 e 2 precipitarono in fiamme sulla pista, l’aereo di Nutarelli cadde sulla folla, causando 67 vittime e 346 feriti tra gli spettatori.
Il cardioide, un’immagine meravigliosa che quel 28 agosto si trasformò in una immane tragedia.
I velivoli avrebbero dovuto mostrare nel cielo un grande cuore trafitto, proprio di fronte agli spettatori.
Come avrebbero dovuto muoversi gli Aermacchi?
Dopo aver tracciato la figura nel cielo, scrivono gli esperti, le formazioni laterali, cinque velivoli da sinistra (interni alla figura e più prossimi al punto d’intersezione) e quattro da destra (più esterni alla figura e approssimati al pubblico), si avviavano a chiudere il “cuore” per il passaggio finale del solista che, provenendo frontalmente rispetto al pubblico, avrebbe dovuto incrociare i due gruppi sorvolando il punto di incrocio dopo circa cinque secondi. Al momento dell’incrocio decisivo, l’altezza dei velivoli rispetto al suolo era di circa 40 metri.
Quel giorno, però, nonostante in volo ci fossero i piloti migliori al mondo, qualcosa non funzionò.
In seguito alla tragedia di Ramstein, per tre anni sul territorio tedesco furono vietate le esibizioni aeree, ed in seguito riviste le misure di sicurezza allontanando il pubblico dall’area delle evoluzioni acrobatiche.
La città natale di Giorgio Alessio non dimentica.
Lo scorso 19 aprile, il coordinatore delle associazioni Combattenti e Reduci (sezione di Alessandria) e Decorati al Valor Civile – Nastro Tricolore, Roberto Pascoli (capo della Pg dei Vigili del Fuoco ora in pensione), ha organizzato – insieme all’Itis Volta di Alessandria e al nostro giornale – una manifestazione dedicata al pilota alessandrino delle Frecce Tricolori in quella scuola che è stata la pista di decollo per la vita.
Ramstein: “Così ho visto morire il capitano Giorgio Alessio”
Il velivolo di Alessio fu colpito in seguito alla collisione tra il solista Ivo Nutarelli e Mario Naldini
Erano presenti alcune classi dell’Istituto tecnico (con la direttrice, Maria Elena Dealessi), scuola frequentata da Giorgio Alessio, le autorità cittadine una rappresentanza dell’aeroporto di Cameri, con il colonnello Alessandro Pavesi. E l’ufficiale pilota alessandrino Giorgio Pieri, del reparto volo di Torino dei Vigili del Fuoco.
E’ il professor Leonardo Ferrazzi, professore del Volta (in pensione) a ricordare Giorgio Alessio.
“Conobbi Giorgio in una gita scolastica, nella primavera 1975, proprio all’aeroporto di Rivolto, base delle Frecce Tricolori. Lui frequentava la quarta, ed era uno dei promotori della gita; io, in seconda, non volevo perdere l’occasione di vedere da vicino questa realtà”.
Si incrociarono “ancora qualche volta nel percorso scolastico – ricorda – dopo il diploma nel 1976, Giorgio intraprese il percorso in Aeronautica Militare, al pari dei fratelli più anziani (Gigi e Gian Mario)”.
Nell’estate 1986 la Pattuglia si recò, per la prima volta, negli USA: “Fu un enorme successo, sia di pubblico sia dal punto di vista tecnico-organizzativo. Una trasferta così lunga (come distanze da percorrere e come tempi di permanenza) costituirono una vera sfida logistico organizzativa: dalla traversata oceanica in più tappe alla gestione della manutenzione in loco si trattava di costruire praticamente tutto dal nulla”.
Non era, tuttavia, la prima volta di una pattuglia acrobatica italiana negli USA perché già i “Diavoli Rossi” del 6° Stormo si esibirono negli USA nel 1959; in questa occasione le difficoltà logistico-organizzative fecero sì che venissero utilizzati velivoli americani uguali a quelli in dotazione al reparto italiano) ridipinti coi colori propri dei “Diavoli Rossi”.
La PAN tornò negli USA nel 1992 (in occasione delle celebrazioni per il 500° anniversario dell’impresa di Colombo): “E ci è tornata quest’anno (per i 100 anni della Royal Canadian Air Force) e si sta preparando per il rientro che avverrà nei prossimi giorni”.
“Incontrai di nuovo Giorgio molti anni dopo, nel marzo 1987, sempre a Rivolto – continua Ferrazzi – La pattuglia era da pochi mesi tornata dalla tournée americana e si respirava aria di grande soddisfazione per un risultato di tutto rispetto”.
Secondo il professore alessandrino, l’acrobazia di quegli anni era molto più “tirata” di quella odierna (basti ricordare che più volte le Frecce Tricolori si esibirono ad Alessandria), ma nessuno si sarebbe mai immaginato quanto sarebbe accaduto in quella tragica domenica di fine estate l’anno successivo.
“Ricordo Giorgio come una persona modesta e con una grande disponibilità, caratteristiche che condivideva con il resto di tutta la sua famiglia…”.