Rivalta Bormida, tre morti e domande senza risposta
L'omicidio-suicidio in un paese già finito sulle pagine di cronaca. Ma i curiosi, stavolta, non ci sono
RIVALTA BORMIDA – Qui a Rivalta Bormida fa troppo caldo per indurre i curiosi a indugiare davanti a una palazzina, la cui sagoma massiccia è già finita sul web, alla voce “notizie di cronaca”.
D’altronde non c’è nulla da vedere, se non qualche giornalista, un pubblico ministero, alcuni carabinieri e quelli della Scientifica con le loro tute bianche. E tre carri funebri che, verso le 13, lasciano il parcheggio antistante e se ne vanno verso l’obitorio di Acqui Terme.
Freddati da una “calibro 22”
Tre carri funebri per altrettanti cadaveri, rinvenuti stamani, martedì, nell’appartamento al pian terreno da un uomo che era solito recarsi lì (e dunque aveva le chiavi) per far visita alla sorella e al nipote. Li ha trovati morti, freddati dai colpi di una “calibro 22”. Accanto a loro, l’ex marito di lei, che quella pistola, regolarmente denunciata, aveva portato con sé e che contro di sé, infine, ha rivolto.
Si sa quasi tutto. Che l’omicida-suicida è Luciano Turco, classe 1957, ex operaio residente nell’Ovadese. Che a essere freddata, probabilmente per prima, è stata Giuseppina Rocca, bidella in pensione nata nel 1955, la donna da cui Luciano era separato da una ventina d’anni. Poco prima del divorzio dei genitori, l’altro sventurato protagonista di questa storia, Daniel Turco, 44 anni, ebbe un incidente in moto che gli ha procurato una disabilità permanente (domani, Daniel sarebbe dovuto andare con la madre a Veruno, per 25 giorni di terapia riabilitativa).
“Forse erano spari”
Luciano veniva spesso a trovare il figlio, solitamente accudito dalla madre e, ultimamente, da una badante. Che però era assente ieri pomeriggio, quando il 67enne si è presentato armato nell’alloggio di via Oberdan, la strada che dà accesso al paese per chi proviene da Strevi.
Poco oltre, la casa di riposo. Più in là, piazza Vittorio Veneto, col fruttivendolo e la fiorista, la Posta e due bar dove, inevitabilmente, la tragedia alimenta chiacchiere fatte di ipotesi, perché nessuno sa davvero. E forse gli unici che possono sapere non ci sono più.
Un’amica di Pinuccia dice di averla cercata al telefono ieri sera, inutilmente. Un altro, residente nella palazzina medesima, avrebbe raccontato di avere sentito qualcosa di somigliante a spari: non ci ha fatto molto caso, perché gli pareva fossero rumori provenienti dalla strada, “e comunque – aggiunge un altro ancora – qui ogni tanto gli spari si avvertono, ma sono i dissuasori per la fauna selvatica”.
Rivalta e la cronaca nera
Che la tragedia risalga a ieri sera oppure all’alba di stamani è un elemento da chiarire. Così come andrebbe individuato un movente, ammesso che non ci si voglia accontentare di sapere che Luciano e Pinuccia non andavano affatto d’accordo e che, se avevano ancora un qualsivoglia legame, lo dovevano a Daniel, la cui esistenza è stata condizionata da quell’incidente risalente al 1993.
A Rivalta se lo ricordano quel volo dalla moto. Chi ne parla lo fa menzionando le troppe vittime della strada che questo paese ha pianto, in certe estati zeppe di tristezza, quando il borgo finì nelle pagine di cronaca, esattamente come stavolta, o come quando, undici anni fa, un padre uccise il figlio tossicodipendente. O come quando, ancora, ci fu chi tentò di far fuori il parroco don Roberto che, un po’ per le ferite fisiche e un po’ per quelle psicologiche, sarebbe morto non molti mesi dopo.
Sono cose che si dicono, ai bordi di una piazza assolata, dove campeggia ancora lo striscione dedicato alla sagra dello zucchino, e dove si ristorano alcuni di quei ragazzi giunti dall’India e ingaggiati da aziende agricole che gli zucchini coltivano.
Tutta un’altra storia
L’omicidio-suicidio di via Oberdan è un’altra storia che stupisce il dovuto, ma, per fortuna, grazie alla complicità del caldo feroce, non raduna curiosi là dove i carabinieri hanno tirato la fettuccia bianca e rossa per delimitare la scena del crimine.
“E pensare che ero venuta qui per altro” mormora l’inviata della Rai. Aveva lasciato Torino per Alessandria, attratta da una storia curiosa, con tanto di lettere d’amore. L’hanno dirottata a Rivalta, dove di curioso non c’è nulla e, a quanto pare, nessuna lettera. Qualora ne spuntasse fuori una, magari sapremmo di più. Ma, forse, non è neppure necessario.