Il parto difficile col bambino girato (e la telefonata al primario alle 5.30)
Un intervento inconsueto (senza cesareo). Creato in sala operatoria un clima famigliare: via le flebo e radio accesa. E subito sono spuntati i piedini...
Davide Dealberti stava beatamente dormendo e sperava che non squillasse il cellulare. Erano le 5.30, o giù di lì. Ovviamente il cellulare fece il proprio dovere, altrimenti non racconteremo questa storia. Un primario sa che la reperibilità fa parte del ruolo. Dealberti ha detto solo: «Va bene: tempo di vestirmi e arrivo». Poco dopo è arrivato all’ospedale, reparto di Ostetricia e Ginecologia, quello che lui dirige.
Nel tragitto dall’abitazione al Santi Antonio e Biagio avrà ragionato sulla stranezza della cosa. «Ma come? Il bambino è sempre stato cefalico e ora si è girato?».
Vabbè, forse il pensiero, nella notte alessandrina già in odore di alba, non sarà stato esattamente questo. Ma la sostanza non cambia: si trattava comunque di decidere cosa fare, cioè come trattare un caso «anomalo ma non rarissimo», ma di sicuro impegnativo. «Tant’è che – spiega Dealberti – in situazioni del genere si convoca sempre un ginecologo esperto oppure un primario». E, dunque, gli è squillato il cellulare.
Il medico si è trovato al cospetto di una donna di trent’anni, Giada Piras, residente a Valle San Bartolomeo col marito Alessio Conte e col primogenito Marco. Che ora sorride vicino al fratellino Leonardo, nato di quasi 3 chili e mezzo, alle 7.42 del 10 luglio.
Il dovere di decidere
Abbiamo svelato l’epilogo, ma intanto avevate già capito che la faccenda è finita bene, pur con qualche apprensione per la stranezza del caso e le complicate decisioni da prendere senza perdere troppo tempo.
Leonardo, che per 9 mesi è stato in posizione canonica, s’è girato all’ultimo. Per dirla meglio, non era più cefalico ma podalico.
In casi del genere, cioè col nascituro disposto coi piedi verso l’esterno, si provvede al parto cesareo. Nello specifico, però, la dilatazione era già completa e sussistevano le condizioni di un parto tradizionale, non fosse appunto per quel bimbo “girato”.
«Eravamo in una situazione “di confine” – racconta Dealberti – ma abbiamo deciso di procedere, nonostante tutto, con un parto naturale, preoccupandoci però, a scopo puramente precauzionale, di portare la donna in sala operatoria, dove abbiamo rimosso le flebo e acceso la radio, nel tentativo di umanizzare la location e di renderla il più somigliante possibile alla sala parto, così da non creare traumi ».
È la messa in pratica di quel concetto di ‘medicina narrativa’ su cui Dealberti, ma in generale tutta l’Azienda ospedaliera, punta molto, con l’obiettivo di ridurre il distacco tra medico e paziente, agevolando quest’ultimo attraverso la parola e un ambiente favorevole. Domestico, si potrebbe dire.
La colonna sonora
Ora, non è noto se Giada Piras sia un’ascoltatrice di Radio 101; certo è che è stata quell’emittente, a suon di canzoni pop, a fare da colonna sonora a un parto che, inaspettatamente, ha avuto «un periodo di espulsione di una quarantina di minuti», ovvero secondo la norma.
In questo tempo, lo staff ha lavorato usando tutte le precauzioni del caso, «con le tecniche di una volta», precisa Dealberti. Che aggiunge: «È spuntato un piedino, che però il bimbo improvvisamente ha ritratto… Non ne voleva sapere di uscire subito, evidentemente». Ginecologi e infermieri hanno lavorato adottando ogni precauzione, «badando soprattutto che il mento del piccolo non fosse mai rivolto verso l’alto».
«Pensavamo bastassero dieci minuti – aggiunge il direttore invece il bimbo si è preso tutto il tempo necessario, come se si trattasse di un parto cefalico».
Una mamma perfetta
Seguono i complimenti alla mamma: «La signora Giada è stata perfetta: ha agevolato il nostro compito, seguendo alla perfezione le istruzioni che le venivano impartite. Ci vuole niente, in certe circostanze, ad andare nel panico».
Lei, la mamma, sposta i meriti in direzione di Dealberti e dei suoi collaboratori: «Sono stati tutti encomiabili – dice – Ricordo che il ginecologo, dopo avere telefonato al primario, è venuto a dirmi: ‘Stia tranquilla, si mette le scarpe e arriva’. In effetti è arrivato, preoccupato, appunto, dall’anomalia del caso».
Dopo i canonici due giorni di degenza, mamma e bimbo sono stati dimessi.
«Siamo felici per com’è andata – commenta Giada – Essendo stata trasferita in sala operatoria, mio marito non ha potuto assistere al parto: pazienza. A me, durante le operazioni, è stato chiesto se avessi voluto toccare il piedino di Leonardo, l’unica cosa fuoriuscita… Ho declinato l’invito».
Donato il cordone
Qualche minuto dopo, mamma e bimbo erano già pronti per il contatto ‘pelle a pelle’, pratica con cui il neonato «si adatta naturalmente al mondo extrauterino regolarizzando non solo la frequenza cardiaca ma anche il respiro».
Infine, Giada Piras ha acconsentito alla donazione del sangue cordonale, una pratica in cui la nostra Azienda ospedaliera universitaria eccelle in un’Italia in cui le donazioni sono molto rare, malgrado ne sia riconosciuta la straordinaria utilità.