«Borsalino, eccellenza riconosciuta. Grigi flop per troppa confusione»
Al Borsalino, il dottor Biagio Polla approdò nel 1989, quando l’attuale centro riabilitativo era ancora “sanatorio”. Poi l’alluvione (emblematica una foto di Polla sul trattore, che spala fango), lo stop forzato del presidio, i lavori di ristrutturazione e la rinascita.
È martedì e il dottor Biagio Polla comincia a esaurire le ferie, preludio alla pensione.
Noto pneumologo alessandrino, medico sportivo anche dei Grigi, volto popolare nella Sanità locale, racconta di sé e del suo lavoro, che non abbandonerà del tutto.
Dottore, fatichiamo a immaginarla a riposo.
Infatti continuerò a fare le mie cose… con la differenza che, la mattina, mi sveglierò un’ora più tardi. Ho qualcosa in ballo, mi dedicherò a qualche sport, magari andrò in bici, cercando di tenermi in forma. Dovrò riorganizzare l’agenda, ma senza esagerare, altrimenti i benefici dell’essere pensionato andranno persi.
Dall’agenda è cancellata la parola Grigi, intanto.
Sono stato medico dell’Alessandria, squadra che ora lascio per i noti problemi societari. Ho qualche contatto, sempre nel settore. Vedremo.
Mettiamo sale sulla ferita: perché i Grigi sono precipitati in questa situazione torbida?
Troppa confusione, troppi cambi. In certi casi è difficile mantenere la serenità.
Lei, prima di quest’ultimo biennio, era già stato ai Grigi agli inizi di Di Masi.
Sì, dal 2007 al 2015, poi ho dovuto subire un intervento cardiochirurgico piuttosto importante che mi ha indotto alle dimissioni.
Dica di Di Masi, bersaglio di gran parte della tifoseria.
Ci ha portati ad alto livello, inclusa la Serie B. Gli si può rimproverare solo il non avere preparato al meglio la successione. Ma non si possono dimenticare i dieci anni di investimenti che ha fatto per l’Alessandria.
Quando si è prossimi alla pensione, si stila il bilancio. Prego.
Ho avuto molte soddisfazioni, ho dato parecchio all’Ospedale e dall’Ospedale ho ricevuto altrettanto.
Le sue maggiori soddisfazioni?
Sono stato primario facente funzioni di Pneumologia, ho diretto per quattro anni e mezzo la Riabilitazione cardiorespiratoria, poi solo quella respiratoria, al Borsalino. E aggiungo che, a 54 anni, ho conseguito la specializzazione in Medicina dello sport.
Una bella voglia, studiare a quell’età…
È stato complicato, con spostamenti a Padova e Brescia: un notevole impegno.
Il Borsalino è un’eccellenza riconosciuta, anche grazie a lei.
Ma anche per merito di altri colleghi, come i dottori Perrero, Polverelli, De Micheli e il professor Invernizzi. Adesso, nella struttura, sono presenti studenti del corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e specializzandi in Fisiatria che frequentano il centro, diventato cosi un importante collegamento con l’università, perché non va dimenticato che anche la componente didattica è decisiva.
Come sta la Sanità?
È in divenire. Quando cominciai io, non c’era neppure la tac. Ad Alessandria abbiamo un’altissima qualità, grazie a persone competenti e desiderose di fare. Si può sempre migliorare, ovviamente.
Attendiamo l’ospedale nuovo. Anche lei lo ritiene una necessità per Alessandria?
Sì, perché quello vecchio, dal punto di vista della logistica, è penalizzato e ormai risulta obsoleto per una città come la nostra, specie dopo la trasformazione ad Azienda Universitaria. Sotto il profilo architettonico avrebbe bisogno di migliorie. La mancanza di spazi si fa sentire.
Oltre agli spazi, mancano i medici. Perché?
È una situazione atipica. Quando cominciai io, eravamo fin troppi. Ora si tratta di riorganizzare, ricordando sempre che un medico non si forma in un paio d’anni.
Rifarebbe tutto quel che ha fatto?
Certamente sì.