“Challengers”: la somma arte della triangolazione
Dopo "Chiamami col tuo nome" e "Bones and All", il pluricandidato all'Oscar Luca Guadagnino aggiunge un nuovo tassello al suo mosaico cinematografico sulla complessità delle relazioni umane, usando la competizione sportiva come suprema metafora amorosa
Il tennis come metafora di vita e d’amore
«In realtà è stato Justin Kuritzkes, lo sceneggiatore a propormi il soggetto, l’idea del campo da tennis che racchiudeva i conflitti del gioco e quelli tra i personaggi è stata per me subito affascinante. È vero che il tennis ha una compattezza, una finitezza che permettono di fare esplodere le conflittualità. […] La sua finitezza apre a infinite direzioni, per questo mi attrae: tutto diventa possibile».
Così Guadagnino, nel corso di un’intervista al quotidiano “Il Manifesto” dello scorso 9 aprile, sintetizza la nascita dell’idea originaria di “Challengers”, in cui si cimenta ancora una volta con un cast di interpreti di lingua inglese (dalla protagonista femminile, Zendaya, già star di “Dune” di Denis Villeneuve, a Mike Faist e Josh O’Connor). In un film in cui la tematica sportiva in sé viene abbondantemente travalicata per fare spazio a una potente e dinamica metafora sulle leggi di attrazione e di repulsione fra gli individui, il campo da tennis assomiglia di più a un set cinematografico o a uno scenario teatrale, dove si mettono in scena attraverso i personaggi istinti ed emozioni primari.
La triangolazione – abbastanza classica ma declinata da Guadagnino con immediatezza e velocità visive, come se realmente si trattasse di un match point – fra Tashi, ex stella nascente del tennis americano, e i due suoi innamorati-contendenti Art (campione in crisi, oltre che marito da lei allenato) e Patrick (ex asso e fidanzato, in attesa di rivalsa in entrambi i ruoli), si snoda nell’arco temporale di più di un decennio, in un instancabile moto di avvicinamento e separazione fra gli elementi in gioco.
Il (pre)dominio dello sguardo
L’ambiguità narrativa di “Challengers” consiste proprio nell’evidenziare – attraverso la figura in apparenza fortemente centrata e autoreferenziale di Tashi Duncan, la promessa sfortunata e mancata del tennis agonistico di altissimo livello – come, in realtà (e a dispetto dei numerosi reiterati primi piani nei quali la ragazza sembra ridimensionare con il suo sguardo non solo l’andamento del match, ma anche e soprattutto quello del suo rapporto con i due rivali e di questi ultimi fra di loro) il pre(dominio) fisico, istintivo, intellettuale di questo femminile venga costantemente frantumato e ridotto in poltiglia da ciò che alla lunga si rivela l’autentico dittico di senso della storia, ovvero la relazione omoerotica tra Mike e Josh.
Dalla triangolazione al duetto, insomma: e da una Tashi dominatrice a una dominata, allo stesso tempo soggetto e oggetto di sguardo, quasi un corpo estraneo – alla fine – che tenta disperatamente di insinuarsi in un rapporto di natura esclusiva che da perno la riduce spesso e volentieri a un cenno d’intesa noto ai due amici-amanti, atto solo a stabilire chi è stato con lei e quando (a guisa di un trofeo di caccia).
Cinema dell’oggi e del futuro
Con i suoi echi classicisti contrapposti alla spregiudicatezza di un linguaggio che si pone su di una linea di demarcazione ideale tra cinema del passato e di un presente post-moderno di complessa definizione, tra uso nostalgico del flashback, virtuosismi nei movimenti di macchina e nell’adottare punti di vista inconsueti (vedi la “soggettiva” della pallina da tennis che percorre il campo da gioco), piani ravvicinati, ralenti e dettagli di oggetti, cibi, elementi del profilmico (il tutto abilmente supportato da una colonna sonora che mescola percussioni, brani d’epoca – perfino la nostra Patty Pravo – musica elettronica, techno e cori), la cifra stilistica del cineasta palermitano si conferma espressione di un cinema che decostruisce, occhieggiando all’edificazione futura di nuovi rapporti di forza tra la macchina da presa, lo spettatore e gli interpreti/personaggi. In fondo, «il cinema è una sfida col piacere di fare sempre nuove scoperte». Parola di Luca Guadagnino.
Challengers (id.)
Origine: Stati Uniti, 2024, 131′
Regia: Luca Guadagnino
Sceneggiatura: Justin Kuritzkes
Fotografia: Sayombhu Mukdeeprom
Montaggio: Marco Costa
Musica: Trent Reznor, Atticus Ross
Cast: Zendaya, Mike Faist, Josh O’Connor, Darnell Appling, Bryan Doo, Shane T Harris, Nada Despotovich, Joan Mcshane, Chris Fowler, Mary Joe Fernandez, A.J. Lister
Produzione: Metro-Goldwyn-Mayer (MGM), Pascal Pictures
Distribuzione: Warner Bros Italia