Ci sono un americano, un cinese…
L'AI Act, banco di prova delle politiche europee sull'innovazione
Sembra l’inizio di una barzelletta basata sui luoghi comuni delle diverse provenienze ed invece è la constatazione che molti hanno fatto di fronte all’AI Act, la norma che il Parlamento di Strasburgo ha approvato per normare l’Intelligenza Artificiale: gli americani innovano, i cinesi copiano, gli europei, come al solito, regolano.
La riforma, che entrerà in vigore nei prossimi mesi, intende ad esempio richiedere alle organizzazioni che vogliano usare la AI in attività considerate “ad alto rischio” quali la concessione di un prestito o di un sussidio, il vaglio delle candidature, la gestione delle risorse umane di dotarsi di regole volte a contrastare i pregiudizi di cui possano essere affetti i dati su cui gli algoritmi sono basati.
Il social scoring
Altre attività invece sono completamente proibite: fra le tante, il social scoring che in Cina fa dipendere ad esempio il noleggio di un mezzo di trasporto dall’essere in regola con il pagamento di multe e tributi. E forse dall’essere d’accordo con l’ideologia di Stato.
Oltre ad accusare l’Europa di non essere la patria degli innovatori, occorre dunque valutare nel lungo periodo le applicazioni di una tecnologia e forse riconoscere che, dietro ai protagonisti della AI, OpenAI e Anthropic, ci sono le risorse finanziarie e tecniche di Microsoft ed Amazon. L’innovazione non è solo una questione culturale, ma anche di mercato.