Caso Fubine: la Cassazione ha deciso, il Pd attacca Pettazzi
"La Corte ha dato torto al sindaco sull'espulsione dei tre consiglieri comunali"
FUBINE – Il Pd, per bocca del segretario provinciale Otello Marilli e del segretario di Fubine Mauro Antonio Longo, interviene sul caso dei tre consiglieri d’opposizione espulsi dal sindaco Lino Pettazzi.
“La sentenza della Suprema Corte di Cassazione di Roma ha finalmente messo la parola fine a una vicenda cominciata nel dicembre del 2019. Una vicenda emblematica di come il potere politico e amministrativo debba sempre, senza eccezione, sottostare alle regole della democrazia. Una vicenda tutta politica che qualcuno decise di trasferire dalla sala del consiglio comunale alle aule dei Tribunali”.
“Negli ultimi giorni del 2019 – scrivono i ‘dem’ in una nota – il sindaco Lino Pettazzi convocò il consiglio comunale di Fubine. Tre consiglieri di opposizione (Chiara Longo, Pasquale Accardi e Iacopo Garlasco) chiedono di integrare l’ordine del giorno con altri punti, ma non vengono presi in considerazione. Dopo alcuni giorni i tre scoprono che l’ordine del giorno del consiglio comunale è stato integrato con un altro punto, proposto dalla maggioranza oltre i termini consentiti dalla legge. Per protesta, decidono di non partecipare al consiglio comunale”.
Il documento del Pd
“Alcuni consiglieri di maggioranza sono assenti – prosegue il documento – e quindi manca il numero legale. Ma il Consiglio vota ugualmente e un importante documento sul Bilancio comunale viene approvato, benché il Consiglio non sia validamente costituito in base al regolamento e allo statuto”.
Che accadde a quel punto? “I consiglieri decidono di rivolgersi al Tar, sostenendo che la delibera non poteva essere approvata. Il Tar si pronuncia con una sentenza salomonica: i tre consiglieri hanno ragione, ma il provvedimento adottato resta valido, in quanto per legge è variato il numero di consiglieri eleggibili e non sono stati adeguati regolamento e statuto. La vicenda poteva finire qui, con un minimo di soddisfazione da entrambe le parti”.
“La decisione del Tar – ricordano gli esponenti del Pd – però non piace al sindaco Pettazzi, che chiede ai tre consiglieri di sostenere le spese del ricorso, contrariamente da quanto deciso dal Tar. Il Comune presenta quindi ricorso al Consiglio di Stato, contro la decisione del Tar, avviando così un contenzioso sulla base del quale i tre consiglieri vengono ritenuti dal Consiglio incompatibili, perché a questo punto hanno in piedi una vertenza con il Comune del quale sono amministratori. Ai sensi dell’articolo 63 del Testo unico degli enti locali, infatti, si precisa che non può essere consiglieri comunale chi ha ‘lite pendente in quanto parte di un procedimento civile o amministrativo con il comune, escluso quando il contenzioso avvenga per l’esercizio delle funzioni di consigliere’ come in questo caso”.
Che successe? “Sulla base di questo, ingiustamente, il sindaco e la maggioranza espellono Chiara Longo, Pasquale Accardi e Iacopo Garlasco dal consiglio comunale, dichiarandoli decaduti. Si tratta di un fatto gravissimo, che va a stravolgere l’esito elettorale e il risultato del voto dei fubinesi”.
Subito il ricorso
La vicenda, ovviamente, non finì lì. “I tre consiglieri presentano ricorso al giudice competente e vengono ovviamente riammessi con tutte le spese processuali a carico del Comune. Ma il sindaco non si adegua alle decisioni della giustizia e presenta nuovamente ricorso in appello. Ancora una volta il sindaco perde nelle aule di Tribunale e viene condannato al pagamento delle spese processuali. La minoranza a questo punto si considera vittoriosa e fa affiggere un manifesto, con il quale accusa il sindaco di avere procurato ingenti spese legali a carico dei cittadini fubinesi”.
A quel punto, però, “il sindaco querela per diffamazione il segretario del Pd di Fubine Mauro Antonio Longo e un altro cittadino, per avere portato i manifesti ad affiggere, e fa citazione pure all’operaio che li ha incollati. Anche questa causa viene persa dal sindaco Lino Pettazzi per l’Amministrazione. Il primo cittadino persevera, sapendo di rischiare un grande danno erariale per le casse del Comune, e presenta ricorso alla Corte di Cassazione”.
Che oggi ha deciso: “La vicenda, dopo anni, arriva finalmente all’epilogo: l’ultimo ricorso in Corte di Cassazione da parte dell’Amministrazione di Fubine ancora una volta dà ragione ai tre consiglieri di minoranza. Rimane una domanda fondamentale: quanto sono costati all’amministrazione comunale e quindi ai cittadini fubinesi tutti questi processi? Solo per il pagamento delle spese processuali ai tre consiglieri il conto arriva a 96mila euro. A questi vanno aggiunti i costi sostenuti dal Comune per i suoi legali, che potrebbero raddoppiare i 96mila euro a carico dei fubinesi e avvicinarsi ai 200mila. Anche se questo di preciso non ci è dato di sapere e non si evince dai bilanci comunali”.
“Giustizia lenta, ma alla fine…”
In conclusione, scrivono i ‘dem’, “tutta questa vicenda dimostra che la Giustizia, benché lenta, si dimostra ancora una volta inesorabile. E che sebbene – purtroppo – alcuni amministratori locali vivono le regole democratiche come un insieme di noiose pastoie, su di esse e sul loro rispetto si basa la vita del nostro Paese. Regole che devono essere rispettate da tutti, ma soprattutto da chi ha ricevuto dagli elettori il mandato di Governo”.
“Molto grave che tutto questo sia stato fatto da un sindaco che ricopriva anche la carica di deputato al Parlamento e oggi ricopre anche l’incarico di segretario provinciale della Lega. Grazie infine a Chiara Longo, Pasquale Accardi e Iacopo Garlasco: di fronte all’arroganza del potere, hanno saputo sostenere le loro giuste ragioni fino in fondo”.