Tamburini: "Chi avrebbe scommesso sul nostro Pil in crescita?"
ALESSANDRIA - Un successo il tak economico 'Quo vadis? I dilemmi del nostro tempo', evento organizzato da Il Sole 24…
ALESSANDRIA – Micol Burighel (Marketing and Communication) e Sergio Vazzoler (partner) di Amapola Società Benefit hanno scritto una lettera alla nostra redazione a commento del talk economico organizzato insieme al Sole 24 Ore il 26 marzo scorso.
Un evento dal titolo “Quo Vadis” che ha visto il direttore del quotidiano di Confindustria, Fabio Tamburini, ospite in città. E impegnato a dialogare a Palazzo Monferrato con il nostro direttore, Alberto Marello, e alcuni imprenditori.
Protagonisti i Ceo della Paglieri, Debora Paglieri e Fabio Rossello; Vitaliano Maccario delle cantine Pico Maccario e presidente del Consorzio Barbera d’Asti; Angelo Riccoboni, Ad di Riccoboni Holding; Gianluca Muzio della Portalupi Spa e vicepresidente Piemonte e Valle d’Aosta dei giovani di Ance.
“Gentile direttore – si legge nella lettera – nel talk di anticipazione del Festival di Trento da voi recentemente organizzato, tutte le parole pronunciate da imprenditori e imprenditrici hanno posto in evidenza un intento comune: creare valore per il proprio territorio, per le persone che ci vivono, per l’ambiente intorno a noi. Allo stesso tempo, il dibattito tra Lei e il Direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, ha messo in luce le comprensibili esitazioni rispetto all’impero Esg. L’acronimo che riunisce i fattori ambientali, sociali e di governance e che è sinonimo delle politiche di sostenibilità delle aziende”.
Tamburini: "Chi avrebbe scommesso sul nostro Pil in crescita?"
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“La sostenibilità è solo una moda? La domanda è legittima. Soprattutto è legittima la preoccupazione che si cela dietro la domanda: se la sostenibilità è solo una moda, tutti gli sforzi in questa direzione sono vani? Cosa ci lascerà questa sostenibilità, se è solo un trend su Tik Tok, un’operazione di marketing mal riuscita e ancor peggio eseguita? Non è solo fumo negli occhi che rischia di allontanarci da quello che conta davvero, la creazione di ricchezza “giusta”, il buon lavoro dell’imprenditore nei confronti della comunità, dell’ambiente e del territorio in cui opera?”.
“Ecco – prosegue l’intervento – è proprio qui che le contraddizioni arrivano a sciogliersi. Se sostituiamo al concetto di ricchezza quello di valore, il significato profondo di un business davvero sostenibile viene spontaneamente alla luce. Perché il vero valore è generato solo quando è condiviso e progettato per durare. I nostri cugini francesi in questo sono stati forse più lungimiranti: per loro la sostenibilità è prima di tutto durabilité, un termine che toglie aleatorietà o inconsistenza al concetto, ma lo rende solido, immediato, concreto”.
“Nel concreto che significa? Che un business sostenibile non è rinchiuso in sé stesso, ma agisce e si relaziona sapendo che il suo benessere – anche economico – è strettamente legato al benessere delle persone e dell’ambiente. Senza uno non ci può essere l’altro, e viceversa. Di questo le imprese che hanno partecipato al panel sono ben consapevoli: hanno parlato di iniziative di parità di genere, progetti per i dipendenti, riduzione dell’utilizzo di acqua ed energia, attenzione alle proprie emissioni, nuove soluzioni agricole e tecnologiche, riqualificazione del territorio… Dimostrando che no, la sostenibilità non deve essere per forza una moda vuota, anzi“.
“Che fare quindi di fronte ai dubbi, alle critiche, all’incertezza, a partire da chi lamenta negli investimenti di sostenibilità un costo troppo elevato per le proprie tasche? Scartarle e ignorarle sarebbe un errore fatale. Al contrario, vanno prese in carico, analizzate, riconosciute nelle loro istanze legittime. Senza mai smettere allo stesso tempo di sostenere la necessità di una transizione sostenibile, ecologica, giusta per tutte e tutti”.
“In che modo, dunque, spostare l’ago della bilancia? – si chiedono Burighel e Vazzoler – Sicuramente cercando ed elaborando ancora di più messaggi e approcci che mettano in luce le opportunità e i vantaggi che, attenzione, già esistono e quindi vanno condivisi. Oltre a sottolineare i costi, è necessario parlare anche dei risparmi economici e dei risvolti sociali dello sviluppo sostenibile. Pensiamo a quanto le azioni di adattamento agli eventi climatici possano far risparmiare un’impresa, contenendo i danni a strutture e impianti e quanto tutto ciò impatti sul tessuto sociale della comunità locale. E questo succede in tutti i settori: agricoltura, edilizia, beni di consumo, servizi, distribuzione”.
“Per chi come noi lavora da più di quindici anni sui temi della sostenibilità e sulle modalità più efficaci per comunicarli, emerge sempre più forte la necessità di alimentare un dibattito pubblico che sappia tenere conto, sì, degli inciampi e delle scorciatoie d’immagine. Ma che non esiti nemmeno un attimo a evidenziare gli indiscutibili benefici ambientali e sociali di un cambio di paradigma. Che trasformi il modello produttivo da lineare a circolare e quello di consumo da bulimico a sobrio e sostenibile. Insomma, guai ad avallare chi tifa per tornare indietro! Ci auguriamo che al Festival dell’Economia di Trento ci si confronti solo sul come e non più sul se“.