Il nuovo Patto europeo sulle migrazioni: ecco cosa cambierà
Ecco l'accordo trovato da Consiglio dell'Ue e Parlamento Europeo a dicembre 2023
Questa settimana Osservatorio Europa, la rubrica che accompagnerà i lettori de Il Piccolo alle elezioni europee che si svolgeranno sabato 8 e domenica 9 giugno 2024, approfondisce un tema di assoluta attualità come il nuovo Patto europeo sulle migrazioni.
Il nuovo Patto europeo sulle migrazioni
Il 20 dicembre 2023 il consiglio dell’Unione europea e il parlamento europeo hanno raggiunto l’accordo sul nuovo Patto migrazioni e asilo. Stiamo parlando di un pacchetto legislativo che riforma le politiche migratorie in Europa.
Questo regolamento consiste in una serie di dispositivi che rendono più rigide le norme per l’accesso di richiedenti asilo e rifugiati nei paesi membri dell’Ue, dando quindi seguito a una tendenza che negli ultimi anni ha portato il vecchio continente a chiudere sempre più le frontiere esterne.
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Critiche e polemiche
Come prevedibile, proprio in base a questa tendenza, sono scaturite non poche critiche e polemiche – in certi casi per nulla sfumate – da parte di molte organizzazioni che si occupano in Italia e in Europa di questo fenomeno.
La Commissione Europea aveva proposto questo accordo – che Consiglio e Parlamento ratificheranno proprio in questi mesi, prima dell’appuntamento elettorale – già a settembre 2020.
Solo a più di due anni di distanza è arrivata quindi la fumata bianca, al termine di non semplici negoziati portati avanti sulla base di un documento di discussione finale proposto dal presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, lo spagnolo Pedro Sànchez.
Il punto nevralgico dell’accordo che fa storcere il naso alle organizzazione del settore è senza ombra di dubbio il fatto che si parli di una ‘equa condivisione delle responsabilità’.
Ovvero, quello che si evince dai documenti, parrebbe essere una sorta di de-responsabilizzazione dell’Unione europea, più o meno esplicita a seconda degli ambiti di intervento e dell’intensità dei flussi. Inoltre, grande valore ha la discrezionalità della singola nazione sul tema, soprattutto nei periodi definiti di ‘crisi’.
Insomma, l’interpretazione che sembra emergere è che tutte le parti dell’accordo siano orientate verso il paradigma per cui rappresenti primariamente un ‘problema’ da fronteggiare e risolvere, piuttosto che una risorsa in termini umani e culturali.
I cinque pilastri
Il nuovo Patto europeo sulle migrazioni è formato sostanzialmente da cinque pilastri:
- il regolamento sulla gestione dell’asilo e delle migrazioni;
- la risposta alle crisi migratorie;
- le procedure di asilo;
- l’implementazione dello European Dactyloscopie (Eurodac);
- le nuove procedure di screening.
Il contenuto
Con il nuovo regolamento su asilo e migrazione (e la futura entrata in vigore) è bene però premettere che non viene modificato il cuore pulsante del regolamento di Dublino (da più parti contestata negli ultimi anni e comunque regolamento attualmente in essere per quanto riguarda migrazione e asilo), secondo la quale la persona migrante deve necessariamente chiedere asilo al primo paese di approdo in Ue.
Si tratta di un meccanismo che interessa soprattutto gli stati di frontiera come l’Italia, e che resterà tale anche all’entrata in vigore del patto. Addirittura la responsabilità del primo Paese di ingresso aumenta a 20 mesi (periodo ridotto a un anno per chi viene salvato in mare).
Cosa cambia invece? Nuovo sarà invece un meccanismo di solidarietà obbligatoria: ogni anno verrà costituito un ‘pool di solidarietà’ tramite il quale i Paesi membri dovranno sostenere le persone definite come ‘sotto pressione migratoria’. Potranno farlo in due modi:
- con la relocation (la redistribuzione delle persone);
- con un contributo finanziario, proporzionale alla dimensione della popolazione e al pil nazionale.
Questo pool ha una soglia minima di 30mila ricollocamenti e 600 milioni di euro, mentre ogni ricollocamento può essere rimpiazzato con un contributo del Paese membro a quello ‘sotto pressione’ dell’importo di 20mila euro per ogni mancato ricollocamento.
Ancora non è stato determinato chi gestirà questi fondi e con quale cadenza potranno essere erogati, ma nel documento dell’accordo viene specificato che potranno servire anche per ‘il finanziamento di azioni nell’Ue e nei paesi terzi’, ovvero per la protezione delle frontiere esterne, attraverso accordi con nazioni extra-europee, come già avviene in Libia e Turchia.
Discrezionalità e ‘crisi’
Come accennato in precedenza, altro punto nevralgico del nuovo Patto riguarda la risposta alle crisi migratorie. Sono queste le norme che, a una prima analisi, sembrerebbero permettere maggiore flessibilità dei singoli Paesi nella gestione delle richieste d’asilo.
In caso di ‘crisi’ lo Stato membro dovrà presentare una richiesta motivata alla commissione, che la esaminerà entro due settimane. Grande punto di cui prendere nota è che non sembrano esserci, da quanto emerge dai primi documenti, criteri rigidi per determinare cosa effettivamente sia una ‘crisi migratoria’.
Una volta approvata l’istanza del Paese membro, questo avrà mani più libere sia nell’effettuare procedure di frontiera, che per registrare più velocemente le domande di asilo.