Protesta trattori; Massa: “No ad agricoltura di puro sostentamento”
Il popolare vignaiolo tortonese appoggia le manifestazioni degli agricoltori, ma puntualizza la necessità di valorizzare le eccellenze
TORTONA – Dalle iniziative di protesta, Walter Massa non si è mai tirato indietro: figurarsi quando gli arrivano sotto casa nel Tortonese e soprattutto difendono temi e settori a lui cari come quelli dell’agricoltura. Il mondo del vino è meno in crisi di quello della frutta o del grano, ma è solo lottando tutti insieme che si può raggiungere traguardi altrimenti insperati.
Cosa ne pensa della protesta degli agricoltori che sta scuotendo l’Italia?
“Comincio con una considerazione di nicchia, ma molto importante: fortunatamente in queste giornate di protesta per le strade della città, si vedono trattori in regola con il codice della strada e con la normativa di sicurezza sul lavoro che, ovviamente, sono molto costosi. Qualcuno potrebbe obiettare: “ma cosa hanno da lamentarsi se il trattore più economico non costa meno di 60 mila euro e molti valgono più di un appartamento in Versilia, ossia anche 350 mila euro!”.”
“Bene, come giustamente si richiede il rispetto di rigorose e costose norme nelle fabbriche, nei cantieri, nei ristoranti, nelle scuole, negli ospedali, nelle botteghe, nei magazzini, anche per il mondo rurale devono valere le stesse regole. Perché sicurezza e comfort costano. L’imprenditore agricolo sa che “chi più spende meno spende” per proteggere la salute propria, dei trattoristi aziendali, delle coltivazioni, dell’ambiente e, in quest’ottica, spesso è costretto ad investire anche il proprio patrimonio ad integrazione delle agevolazioni, spesso inaccessibili ed incerte, dei piani di sviluppo europeo”.
L’Italia deve scegliere che partita giocare
Al di là delle questioni ‘tecniche’, secondo Walter Massa cosa deve cambiare dopo le proteste di questi giorni?
“Dobbiamo decidere che partita deve giocare l’Italia nel 2024: se l’obiettivo è sviluppare una agricoltura di puro sostentamento, il fallimento è certo. Tralasciando l’obbligo per noi italiani di sottostare a normative rigorose che gli agricoltori di molte altre nazioni non debbono applicare, con la fortunata conseguenza per loro di costi di produzione più bassi, chiedo all’ascoltatore di concentrarsi sulla geofisica dell’agro italiano”.
“Se mettiamo a confronto la Pianura Padana e il Tavoliere delle Puglie con le immense distese ucraine, canadesi o statunitensi è subito evidente che non possiamo battere sul prezzo la concorrenza internazionale. L’Italia ha sempre prodotto grano tenero, grano duro, latte, carne, ortaggi, cereali e frutta: dobbiamo continuare a scavare nel solco tracciato dai nostri nonni, ma dobbiamo agevolare la nascita, anzi la rinascita di quelle strutture artigianali che possono trasformare la materia prima in reali eccellenza del Made in Italy. In buona sostanza bisogna riscrivere l’economia agricola e artigianale in Italia”.
Un’impresa titanica: da dove possiamo partire?
“Dobbiamo far sì che le derrate agricole vengano conferite ad opifici artigianali etici, funzionali e perché no, anche romantici, che sappiano davvero trasformare la materia prima a regola d’arte e secondo natura, e la facciano arrivare sugli scaffali delle botteghe di qualità di tutto il mondo che, a loro volta, celebrino come merita l’agricoltura di qualità pulita, etica e culturale. Per ovviare alla fame nel mondo vi sono già le agricolture preposte: l’economia agro-industriale funziona, abbiamo imprese che sanno onorare l’Italia e il genio italiano così come il genio dell’homo sapiens di tutto il mondo, acquistando materia prima di qualità sui mercati internazionali”.
Un comparto intero si sta ribellando
Esistono già esempi di questo tipo?
“Certo! Un esempio virtuoso è la Ferrero di Alba che utilizza le nocciole intere delle Langhe, del Piemonte, per i prodotti di punta e più costosi; per i prodotti più modesti, invece, utilizza fin che ce ne saranno le nocciole del Centro Italia, e poi arriva sui mercati del mondo, Turchia in primis. Per fare un paragone, certa gente potrà anche permettersi un weekend a Parigi con mille euro e due spray per divertirsi a sabotare la Gioconda, ma se si arriva a manifestare, per ora per fortuna civilmente, nelle piazze centrali delle grandi metropoli, lavorando – perché spostare con giudizio balle di fieno è fatica, utilizzo di intelletto, spirito di sacrificio e rischio di sanzioni – vuol dire che la pazienza è finita”.
“E poi, non si sta ribellando solo un comparto agricolo, ma tutti i suoi produttori: dal frumento al latte, dalle barbabietole alla frutta, dalla carne agli ortaggi. Siamo abituati alle manifestazioni rurali che contestano sanzioni o regolamenti restrittivi per un settore specifico, com’era successo per le quote latte o la distillazione nel vino, o per una malattia come l’aviaria o la ‘mucca pazza’, ma che tutto il sistema agricolo manifesti non è certo per la noia”.
Le ‘isole felici’ di Massa
Cosa potrebbe risolvere la situazione?
“L’Unione Europea, i ministeri e gli assessorati competenti devono accettare, o meglio ancora capire, che il mondo è entrato nell’era dell’intelligenza artificiale, mentre si pretende di far navigare l’agricoltura ancora sull’arca di Noè. Da questo dramma epocale, sociale, economico ed ambientale, in Italia si salva forse solo il mondo del riso, essendo in Europa per lo più concentrato in tre regioni italiane, con pochi gruppi industriali e molte piccole riserie artigianali che ne preservano la sostenibilità”.
E per il mondo del vino?
“E’ un discorso completamente diverso: la vedo abbastanza facile per le maison storiche, quelle che hanno avuto la fortuna e l’intelligenza di collegare almeno quattro generazioni, ma la vedo molto difficile per il vino sfuso, per gli imbottigliatori, per le cantine sociali – purtroppo quasi tutte – da strapazzo e per gli improvvisati. Di certo aziende etiche come Caviro e Ronco salveranno molti viticoltori, ma non possono salvare tutti; e per i vignaioli, beh, basta chiedere alla Fivi”.