Appalti Miur e corruzione: chiuse le indagini. Coinvolta la casalese Boda
La figlia dell'ex sindaco di Casale Titti Palazzetti era capo-dipartimento del Ministero dell'Istruzione
CASALE MONFERRATO – Una condanna, se vogliamo, mite per un comportamento giudicato corruttivo che è costato a Giovanna Boda, la casalese ex capo Dipartimento risorse umane e finanziarie Miur (Ministero dell’Istruzione e del Merito) una pena (in abbreviato) a 2 anni e 2 mesi. Mazzette ricevute dalla Boda per appalti per 23 milioni di euro che avrebbero coinvolto un imprenditore (verrà giudicato con rito ordinario). La 49enne Giovanna Boda è figlia dell’ex sindaco di Casale, Titti Palazzetti.
Furono predisposti progetti legati alla promozione dei temi della legalità? Per il giudice, sì. Ed è grave che sull’assegnazione di fondi a disposizione delle legge e sui progetti di educazione alla legalità, sia pesata l’ombra di una condotta corruttiva. Non è così per la difesa: quei progetti non fanno parte delle contestazioni mosse dalla Procura. Sarà motivo di confronto in Appello.
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La figlia dell'ex sindaco di Casale Titti Palazzetti era capo-dipartimento del Ministero dell'Istruzione
I fatti a lei contestati, per la difesa, dovevano essere collocati in un quadro d’insieme particolare. Dalle stesse risultanze investigative sarebbe emerso chiaramente come Giovanna Boda stesse attraversando un periodo di grandissima fragilità psicofisica. Un teorema che, per il giudice, non ha retto: i fatti risalirebbero al 2018 mentre la terapia farmacologica cui era sottoposta ebbe inizio nel 2019.
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Per Giovanna Boda, ex capo dipartimento del ministero dell'Istruzione, rito abbreviato il 31 ottobre
L‘avvocato Giuseppe Rossodivita, difensore di Giovanna Boda, si prepara al secondo grado di giudizio. E spiega. “Siamo rimasti molto sorpresi e delusi dalla motivazione della sentenza, che ci appare molto parziale, superficiale, ricca di contraddizioni e zeppa di giudizi di valore etico che tipicamente non competono ai giudici. Pensiamo che ci sia stato molto condizionamento mediatico ed il giudizio ha risentito di tutto questo”.
“La sentenza – prosegue – sembra scritta per rispondere alle aspettative mediatiche, questo è quel che accade quando i giudizi etici schiacciano quelli giuridici. Ovviamente presenteremo appello per sottoporre (nuovamente) le nostre ragioni ai giudici della Corte di Appello”.