Vincenzo Morosetti, il basilare imprenditore orafo di Valenza
Un nuovo interessante approfondimento del professor Maggiora sul "primo vero imprenditore orafo valenzano"
VALENZA – Più di due secoli fa, nel 1813, da Giuseppe e Antonia Maria Comolli, nasceva a Valenza Vincenzo Morosetti. Sembra che la famiglia Morosetti sia arrivata a Valenza nel Seicento, dopo essere stata ad Alessandria; possedeva terre a Pecetto e in sorte Astigliano.
Vincenzo sarà il terzo padre dell’oreficeria valenzana, la cui storia inizia nel 1817, quando, dal pavese, giunge a Valenza Francesco Caramora. Questo, in società con lo zio Luigi, a Voghera gestiva un negozio per il commercio di oggetti preziosi, ma poi si trasferisce a Valenza, dove apre la sua bottega nella Contrada Maestra. Caramora è maestro orafo e nella sua bottega lavorano solo due apprendisti; nel 1827 cessa di vivere e tutto il materiale della bottega è rilevato dall’ormai provetto dipendente Pietro Canti, che diventa così il secondo produttore orafo locale.
Nel laboratorio di Canti lavorano quattro praticanti e, tra questi, sembra esserci il giovane Vincenzo Morosetti. Più tardi il terzo padre-profeta dell’oreficeria valenzana va in America, ma non certo per affermarsi nel mestiere – per questo si andava a Parigi – né per necessità economiche che lo costringessero a emigrare. Lì Morosetti incontra una realtà economica imprenditoriale diversa e più moderna di quella conosciuta nella natia Valenza, che, al ritorno in patria, gli serve per organizzare l’attività orafa in modo diverso.
Tornato a casa, da cui non si è mai veramente allontanato, è lui a depositare all’Ufficio Marchi in Alessandria, nel 1838, il punzone che riporta le sue iniziali, “M.V.”, con al centro il cuore di Gesù. Prima con una propria azienda e poi, nel 1849, con la Fratelli Morosetti (Vincenzo e Maurizio), avvia una produzione di un certo pregio, servendosi di tecniche più raffinate e di una nuova organizzazione del lavoro capaci di migliorare concretamente la produzione orafa valenzana.
Con Morosetti cambierà il modo di intendere il lavoro all’interno della bottega orafa, con una distinzione netta tra chi si occupa della creazione degli oggetti, cioè l’orefice perfezionato in una determinata pratica esecutiva secondo una certa ripartizione del lavoro, e chi li dovrà collocare.
Il salto di qualità diventerà ben presto palese e il disegno futurologico di Morosetti, portato avanti con tenacia e perseveranza, diventerà sempre più netto e propizio per il futuro della produzione valenzana. Produrre per commerciare, commerciare per produrre; infatti, Morosetti intraprende spesso viaggi commerciali per vendere quanto fabbrica. La discontinuità con il modello operativo precedente è totale.
Nei documenti ufficiali Morosetti apponeva la dicitura “il primo artefice dell’artigianato orafo valenzano” accanto alla sua firma, mentre dopo il cognome e il nome aggiungeva la qualifica di “orefice”, come se fosse un titolo accademico o di nobiltà. Il suo laboratorio era una sorta di “atelier” professionale per la formazione di giovani volenterosi e dotati; pare fosse nel fabbricato di sua proprietà in corso Garibaldi, allora via Maestra, angolo via Alfieri, dove oggi si trova la Farmacia Centrale. Nei documenti di lavoro è anche definita “fabbrica di bigioteria” e il lavorante orefice è indicato come “bigiotiero”.
In quel laboratorio, con pochi lavoranti, si formeranno diversi celebri orefici, alcuni importati da Alessandria. Fra di essi, anche il valenzano Vincenzo Melchiorre al quale molti tra i migliori gioiellieri valenzani dovranno tanta parte della loro conoscenza. Un unico ceppo, dunque, ha dato origine, in un meraviglioso moltiplicarsi di attività e d’iniziativa, alla splendida fioritura di aziende giovani e vigorose che formeranno la fortuna e l’orgoglio di Valenza.
Nel 1850 i laboratori accreditati di oreficeria presenti a Valenza sono tre: Giuseppe Conti, Carlo Merlo e Morosetti. Una statistica di qualche anno prima registrava già la presenza di due orologiai, due orefici e due venditori di oggetti d’oro. Verosimilmente, si trattava di attività modeste per dimensione e per qualità, il cui prodotto smerciato, spesso bigiotteria, era destinato a una clientela locale. Prima del 1849 hanno depositato il proprio punzone con l’intenzione di svolgere la professione i seguenti orafi: Caramona, Canti, Conti, Morosetti, Reggio, Battaglieri e Porta.
Vincenzo Morosetti, senza perdere il senso critico e un certo disincanto, fu anche una personalità impegnata e interessata alle frementi vicende cittadine; per questo, il 26 febbraio 1856, fu tra i fondatori della Società del Teatro, unitamente ai personaggi più importanti di quel piccolo mondo antico valenzano. Innovatore pragmatico di successo, fedele alla sua epoca e al suo pensiero è difficile inquadrarlo politicamente secondo i canoni strambi di oggi. Nei documenti anagrafici emerge che già nel 1864 è fuori stagione: non è più indicato come orefice ma come proprietario di beni e abita in via San Francesco con la moglie Teresa Cantù. Negli anni Settanta è presidente del Circolo Commerciale, che ha sede in vicolo Visconti. Muore il 2 giugno del 1887, all’età di 74 anni.
Per quelli che sono venuti, tutto quanto è stato creato e realizzato per l’oreficeria valenzana può sembrare semplice, ma non è così. Quanti orafi locali hanno orientato lo sguardo a questo lontano passato rivolgendo almeno un pensiero riconoscente a coloro che li hanno preceduti? Pochi, ne siamo certi. Per questo motivo e per rimediare alla noncuranza di molti, questo scritto vuole essere un doveroso omaggio al primo vero imprenditore orafo valenzano, che neanche nei suoi più rosei sogni di piccolo artigiano quale era crediamo trovasse posto il desiderio di fare del proprio modello il pilastro economico della sua città.