«35 anni, 20 interventi: dovrebbero intitolarmi una sala operatoria…»
Il calvario di un tortonese che lavora all’ospedale di Alessandria, dove è di nuovo finito sotto i ferri. «È stata dura, ho pensato che sarebbe finita qui»
A marzo 2021 scrivemmo di Filippo Pompili raccontando che aveva 33 anni ed era reduce dal 16esimo intervento chirurgico.
Ora serve un aggiornamento, non certamente per gli anni diventati 35, ma perché le volte che è finito sotto i ferri sono salite a 20, le ultime due in un unico ricovero, durato una sessantina di giorni. Filippo Pompili ha buoni motivi per sentirsi un miracolato, tanto più a sto giro: «In effetti pensavo di non farcela e c’era chi mi dava per spacciato. Invece, eccomi qua».
Anzi, eccolo lì, a girare per la sua Tortona, aiutato da un deambulatore. In città è molto noto, merito più del carattere gioviale che dell’infinità delle sventure meritevoli, comunque, di solidarietà e umana comprensione.
Vicinanza terapeutica
I problemi cerebrali se li porta appresso dalla nascita. Un calvario infinito. Cliniche, ospedali e ambulatori sono stati la sua casa per giorni e giorni. Papà, un altro che a Tortona era piuttosto noto, morì nel 1994. Mamma Valery è rimasta l’unico angelo custode, supportata però da un gruppo di amici convinti che «a Filippo non si può non volere bene».
Se la solitudine è una brutta bestia, la vicinanza può essere una terapia. Esattamente come la musica, sua passione giovanile, oppure la scrittura, arte alla quale s’è aggrappato un po’ per sfogo e un po’ per testimoniare. ‘Tra il buio e l’arcobaleno’ è il titolo del suo primo libro («Maria Grazia Zanardi, mia vicina di casa e mamma del sindaco Federico Chiodi, mi ha fatto da correttrice di bozze»), che forse avrà un seguito. Anche perché bisogna aggiornare l’autobiografia, per dare merito, ad esempio, a chi gli ha di nuovo salvato la pelle.
E allora, passando alla cronaca: dal 21 agosto al 17 ottobre 2023, Filippo è stato ricoverato nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale Santi Antonio e Biagio di Alessandria, «operato due volte, prima dal dottor Grasso poi dal dottor Vitali».
Il 18 ottobre ha fatto ingresso al centro riabilitativo Borsalino dov’è rimasto fino al 23 novembre, giorno delle dimissioni.
«Non mi muovevo»
«Tanto da una parte come dall’altra, ho trovato personale qualificato, che mi ha letteralmente rimesso in piedi – racconta – Quando sono entrato al Borsalino non riuscivo neanche a muovermi. Ora cammino, seppur con il deambulatore. Non è una cosa da poco, per come ero messo. D’altronde, 20 interventi chirurgici al cervello non sono mica pochi. Gli ultimi mi hanno particolarmente segnato, credo di avere perso dieci anni di vita. E, come me, chi mi è stato vicino».
Legittima richiesta
Non bastasse l’esperienza da degente, Filippo in ospedale va anche per lavorare. È dipendente dell’Azienda di Alessandria, per la quale si occupa delle cartelle cliniche. In precedenza era stato all’Infantile. Per il futuro ha una richiesta: «Vorrei il trasferimento a Tortona, la mia città, così da evitarmi gli spostamenti in pullman».
E, già che ci siamo, esprime pure un altro desiderio: «Visto tutto quel che mi è successo, penso che una sala operatoria debba essere intitolata a me. Lo merito, no?».