PERCHE’?
Villa progettata dall’architetto razionalista Marcello Piacentini e che conserva al suo interno importanti opere d’arte della prima metà del Novecento.
DOV’E’?
Str. Monterosso, 42 – Acqui Terme
COS’E’?
Poco fuori dell’abitato troviamo Villa Ottolenghi Wedekind, una dimora storica costruita nella prima metà del ‘900 sulla collina di Monterosso (nome ereditato dal tipo di vegetazione che in autunno arrossa tutta la collina) dal conte Arturo Ottolenghi e dalla moglie Herta von Wedekind zu Horst, pittrice e scultrice ascritta a pieno titolo tra le esponenti dell’avanguardia del primo Novecento. Innamorati del panorama, che tutt’oggi si può ammirare da qualsiasi punto del parco, affidano la progettazione della villa prima a Federico d’Amato e poi al celebre architetto Marcello Piacentini.
In particolare è Il Tempio-Mausoleo il singolare risultato di un progetto ambizioso ideato da Piacentini, grande architetto dell’epoca fautore tra l’altro del quartiere Eur a Roma e del palazzo di giustizia a Milano; maestosa e incombente la costruzione a pianta circolare, tutta in marmo di Candoglia, supera i 20 metri di altezza e i 18 di diametro.
L’enorme portale del Tempio, di bronzo, nichel e rame inciso, monumentale opera dei maestri alessandrini Ernesto e Mario Ferrari, fa da preludio alla bellezza degli affreschi e dei mosaici di Ferruccio Ferrazzi custoditi all’interno e con i quali l’artista vuole rappresentare la vita umana attraverso le sue dolorose esperienze.
Nel 1985 gli arredi della villa vengono messi all’asta e questo fa si che si disperdano le importanti collezioni d’arte che i coniugi Ottolenghi hanno raccolto soprattutto negli anni Trenta e che comprendono opere di Fortunato Depero, Adolfo Wildt, Libero Andreotti, Fiore Martelli, Arturo Martini, Rosario Murabito, Venanzo Crocetti e Ferruccio Ferrazzi. Proprio per Villa Ottolenghi Arturo Martini realizza molti animali in ceramica e installa alcune delle sue opere più importanti tra cui “Il Tobiolo”, “Adamo ed Eva” ed i “Leoni di Monterosso”. Il Tobiolo è una splendida fusione in bronzo che i conti Ottolenghi acquistano nel 1934 ed è ancora oggi collocato nella grande vasca decorativa di cemento all’interno del Parco, sospeso a pelo dell’acqua, concreto e irreale al tempo stesso.
Non lontano dalla villa è il parco, ricavato da un preciso disegno scenografico che prende il nome di “Paradiso Terrestre”; un percorso di scoperte che sorprende per la cura del particolare e dove, qua e là, spuntano capolavori in ferro battuto come: funghi, tartarughe, uccellini, lumache realizzate dai Ferrari, ed emergono le imponenti Sculture di Herta.