“Un altro genere di educazione”, confronto alla Casa delle Donne
Appuntamento questo pomeriggio alle ore 17 con le attiviste di Non Una di Meno
ALESSANDRIA – “Un altro genere di educazione” è il titolo dell’incontro di questo pomeriggio alle 17 alla Casa delle Donne Tfq. Organizzato, nella struttura di via San Giovanni Bosco 28, da Non Una di Meno.
“Il femminicidio di Giulia Cecchettin – scrive il collettivo – ha messo l’Italia intera di fronte all’innegabile esistenza di un problema profondo. E dilagante in questo Paese. Il patriarcato e la violenza di genere permeano ogni aspetto della nostra vita. Divenendo il paradigma che regola le relazioni sociali tra i generi e non solo”.
Casa delle Donne: “Andare alla radice del problema”
“Di fronte alla pervasività della violenza, del privilegio e della disuguaglianza crediamo che sia necessario un approccio radicale. Un approccio, cioè, che vada alla radice del problema. E se è vero che il patriarcato è un approccio culturale, gli anticorpi che possono distruggerlo devono essere cercati proprio nella cultura e nell’educazione delle nuove generazioni”.
“I luoghi di formazione, dalla famiglia alla scuola nei suoi vari livelli di insegnamento, ma anche i luoghi di aggregazione sociale e sportiva, sono il terreno in cui si sedimenta il sessismo. Così come il razzismo, l’abilismo e la prevaricazione del forte sul debole. E proprio per questo sono anche i luoghi in cui questi fenomeni possono essere messi in discussione, sradicati e combattuti”.
“In questi giorni – prosegue la nota – abbiamo sentito parlare spesso del Ddl Roccella, risposta scomposta e fuori tempo al femminicidio di Giulia. Ebbenem crediamo che il Ddl non centri in alcun modo il nodo del problema. Aggiungere poche ore di educazione sessuale non obbligatorie, gestite da esterni e assolutamente estemporanee rispetto ai programmi ministeriali e alla formazione del personale scolastico, non è una mossa che va nella direzione di una trasformazione reale. Ma è solo l’ennesimo ‘dare un contentino perché nulla cambi’. E per dare una ventata di sbiadito pinkwashing ad un sistema politico incapace di comprendere e accogliere le istanze che centinaia di migliaia di donne, uomini e libere soggettività stanno portando nelle piazze di tutta Italia”.
“Creare rete”
Secondo le attiviste, “ragionare di educazione significa creare rete tra giovani, studenti medi e universitari, insegnanti, genitori e famiglie. E anche educatrici e bambini, individuando bisogni condivisi e ricercando strategie collettive. Che permettano a ciascuno di uscire dall’isolamento e dalla solitudine in cui la violenza e la disuguaglianza trovano terreno fertile. Abbiamo necessità di ripensare la programmazione scolastica. E di fornire alle nuove generazioni spazi di elaborazione, strumenti e conoscenze per non riprodurre stereotipi e ruoli imposti”.
“Desideriamo parlare con i genitori. Desideriamo ragionare ad esempio sulla capacità di accoglienza dei servizi 0-3. Sentiamo l’esigenza di incontrare le docenti, le maestre e gli educatori per condividere nuove modalità di insegnare. E di stare a contatto con ragazzi e bambini, riflettendo su quanto la scuola di oggi sia luogo di produzione di convenzioni e pregiudizi. Vogliamo confrontarci con gli studenti delle superiori e delle università. Per far emergere le esigenze e i desideri di chi oggi vive il sistema scolastico sulla propria pelle. E si trova troppo spesso schiacciato tra dogmatismi e sterile nozionismo”.
“Siamo consapevoli – concludono da Nudm – della complessità di costruire e portare avanti ragionamenti intorno a queste tematiche. Ma siamo anche assolutamente convinte della necessità di pensare e agire in questo ambito. E di doverlo fare a partire dagli spazi femministi e transfemministi che abitiamo quotidianamente”.