Mamma, medico e amici che hanno dato colore all’Infantile
L'evento per i 30 anni dell’associazione Avoi. L’esordio tra difficoltà e resistenze dure da vincere. Quando Cremonte portò i cani camuffati da renne
Bisogna fare un salto all’indietro di trent’anni e dare i meriti a una mamma, Nicoletta De Andrea Massobrio, ma anche a un medico, Maurizio Cremonte, che l’ha incoraggiata, aiutata, sostenuta.
E poi a un lungo elenco di persone (ora sono 40), perno dell’Avoi, l’Associazione volontari ospedale infantile, nata appunto nel 1983 grazie all’idea di quella signora che si chiese come mai al ‘Cesare Arrigo’ non ci fosse un qualcuno, al di là di dottori e infermieri, che fosse d’aiuto e conforto a bambini ricoverati e famigliari in balia degli eventi.
Non fu un’impresa da poco, perché a quell’epoca l’ospedale era considerato qualcosa da non intaccare con soggetti esterni, avulsi dalla Medicina. «Me le ricordo bene le battaglie con l’Usl – sospira Cremonte – Si riteneva, erroneamente, che per un degente dell’infantile fosse sufficiente la vicinanza della madre. La filosofia in voga all’epoca era ben diversa dall’attuale. Fatto sta che io dissi alla signora Nicoletta che, se fosse riuscita ad abbattere quella sorta di muro, l’avrei appoggiata in tutto e per tutto ». E Cremonte è ancora qui, trent’anni dopo, a presiedere l’associazione che, dai e dai, è sbocciata. «Non sono mica legato alla poltrona, ma nessuno vuole prendermi il posto. Evidentemente, anche se in pensione come medico, mi ritengono adatto al ruolo».
L’umanità è cura
Con Cremonte si possono ripercorrere trent’anni di storia, anzi di evoluzione del rinomato presidio pediatrico. «La prima donazione dell’Avoi all’Arrigo fu un ambulatorio odontoiatrico. Ma il regalo, dicemmo, l’avremmo fatto solo se ci avessero consentito di colorarlo d’azzurro, eliminando così quel bianco ghiaccio, tristissima tinta che accomunava pareti di ospedali, uffici pubblici e carcere. Eh no, per i bambini ci vuole vivacità». Il fatto che si siano compiuti molti progressi anche dal punto di vista “ambientale” lo può verificare chiunque, ora, entri nella struttura di spalto Marengo.
Ma, naturalmente, c’è dell’altro. L’Avoi, ad esempio, annovera insegnanti in grado di aiutare quei bambini che, causa ricovero, sono costretti a saltare giorni di scuola; c’è poi chi si occupa di cure palliative; chi semplicemente dedica tempo per “alleggerire” le giornate dei degenti e dei loro genitori. E anche chi pratica la pet therapy. «Non si voleva fare entrare gli animali in ospedale ricorda Cremonte – Un anno, come avrei poi fatto anche in seguito, mi travestii da Babbo Natale e portai all’Arrigo due cani, camuffati da renne. Fu l’inizio di una felice esperienza che continua».
Sabato 25 novembre, a Cultura e Sviluppo (piazza De André), si è svolto un convegno sui trent’anni dell’Avoi. Tra i partecipanti, il coro Ave Nahele e ‘Dottor Sorriso’. Cremonte ribadirà che «il 50% delle cure dipende dalla Medicina, l’altro 50% da come si tratta il malato ». Perché la tecnologia va bene, ma dall’umanità non si può prescindere.