«Non era stanchezza, ma lesione al midollo difficile da scoprire»
Mariagrazia, 33 anni, ha rischiato grosso. E adesso la sua esperienza è utile ad altri pazienti. Decisivo il consiglio: «Vai in Neurochirurgia ad Alessandria»
Maria Grazia si è salvata per il canonico “rotto della cuffia” e la sua esperienza prima drammatica, poi carica di speranza, infine felice – è risultata utile a chi ha vissuto le sue stesse traversie e che, grazie a consigli giusti, può dirsi sopravvissuto.
Maria Grazia di cognome fa Madini, abita a Masone, in provincia di Genova, con il compagno Gianluca e il figlio di 7 anni. Lei di anni ne ha 33. La scorsa primavera, se l’è vista brutta. E solo il “quasi casu ale” ricorso al reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Alessandria le ha garantito quello che, ragionando a mente fredda, aveva rischiato di perdere: la vita.
Quel giorno in piscina
Tutto comincia durante una giornata in piscina, con la famiglia. «Mi sento la pressione molto bassa, come dovessi svenire da un momento all’altro» ricorda. Il perdurare del malessere consiglia analisi accurate. «Al centro prelievi mi dicono che devo aspettare 12 giorni. Allora decido di recarmi al Pronto soccorso di Ovada. Dalla visita non appare nulla di anomalo, tant’è che il mio medico di famiglia esclude “le cose più gravi” e mi invita ad aspettare qualche giorno per “vedere come va”.
D’altronde anche dall’esame del sangue non si evince nulla. Per fortuna, al Pronto soccorso incontro un amico che lavora lì, e la moglie, anch’ella mia amica, mi suggerisce una risonanza magnetica alla cervicale, per verificare non si tratti di ernia cervicale: lei ne soffre e i sintomi sono quelli che le descrivo. Mi rivolgo allora a un centro privato dove, nel giro di poco, mi vengono diagnosticate due ernie e una lesione intramidollare, in prima ipotesi riconducibile a un astrocitoma. Mi crolla il mondo, vedendo una parola che termina in “oma”».
Incontro risolutore
La signora decide allora di contattare il suo ex medico, ormai in pensione, che le consiglia un neurochirurgo, Andrea Barbanera, primario ad Alessandria.
«Grazie all’intercessione del mio dottore – aggiunge Maria Grazia – riesco, in pochi giorni, a farmi visitare da Barbanera, il quale mi spiega che devo essere operata il prima possibile poiché una lesione nel midollo, se non rimossa nel giro a breve, può portare conseguenze molto gravi. Ho una persona meravigliosa dinnanzi a me, un medico di cui mi fido all’istante, un grande professionista dotato di enorme umanità».
«Mai lasciata sola»
Nelle due settimane successive, la signora si sottopone a tutti gli esami necessari all’intervento e, il 18 maggio, entra in sala operatoria per la laminectomia con exeresi di lesione intramidollare.
«Mi opera Barbanera in persona, con lui c’è il vice primario, Matteo Vitali. Rimango 12 giorni in ospedale, con l’aggiunta di difficoltà dovute a febbre e tonsillite. In Neurochirurgia non mi lasciano mai sola. Infermieri e oss sono persone straordinarie: svolgono il lavoro con amore e dedizione».
Oggi, a cinque mesi di distanza, permangano dolori a una gamba. «Ma, piano piano, ho ripreso in mano la mia vita. E, dall’esame istologico è emerso che si tratta di un ependimoma spinale intramidollare di grado secondo, quindi fortunatamente non sono necessarie ulteriori terapie. Tutti i medici che ho incontrato nei mesi successivi all’operazione mi hanno detto che il mio intervento è stato molto delicato, complesso e invasivo: un motivo in più per essere riconoscente a tutta la Neurochirurgia dell’ospedale di Alessandria».
E il medico di base che non s’è accorto del problema? «Lo si può giustificare. D’altronde i miei sintomi, dalla nausea alla confusione mentale, dalle vertigini al fastidio a luce e rumore, erano molto generici: non aveva pensato a una lesione intramidollare che, tra l’altro, è una patologia rara. Però, grazie alla mia esperienza, il medico ha consigliato a un suo paziente di seguire lo stesso iter».
Ed è un’altra vita salvata.