«Ero dato per morto, ma in Cardiochirurgia è sceso Gesù Cristo…»
Il cuore ha un cedimento. Ad Asti si preoccupano di trasferire il paziente ad Alessandria. Decisivi ben 27 minuti di massaggio cardiaco. Com’è andata
Dice di avere trovato Gesù Cristo in un reparto dell’ospedale di Alessandria, ed è il suo modo per spiegare al mondo che si sente miracolato.
D’altronde, quando ti si ferma il cuore, tutto quel che viene dopo è da considerarsi un gentile omaggio, una concessione per la quale si hanno pochi meriti. Si deve, semmai, ringraziare la Sorte (il Destino, la Provvidenza… fate voi), ma anche medici preparati che non avranno evangelisti come biografi ma… insomma, ci siamo capiti.
Questa è la storia di un geometra di Asti che si chiama Vito Abaci. Ha 34 anni, vive con la moglie Stefania e i figli Aurora, Tommaso e Matilde. Giusto 12 mesi fa ha rischiato di morire. Anzi, l’avevano dato per spacciato. Poi s’è ripreso, con la prospettiva di un cuore nuovo. Ma, il giorno prima del trasferimento alle Molinette di Torino per il trapianto, il cuore vecchio, cioè il suo, ha ripreso a battere regolarmente.
«Un po’ affaticato»
E ora è qui a raccontarla. «Certo, spesso sono affaticato, non riesco più a lavorare dalle 12 alle 14 ore al giorno come facevo una volta, perché dopo 7 o 8 la forza fisica viene meno… Però, intanto, eccomi qua». Narra la storia a un anno dall’accaduto, il tempo necessario per dire che il pericolo è scampato. E poi, metabolizzare una faccenda del genere, e cioè rendersi conto di essere per l’appunto «un miracolato», non è come premere su un interruttore.
La chemio e il virus
Riavvolgiamo il nastro e ripartiamo. Abaci, a febbraio 2022, si deve sottoporre a otto cicli di chemioterapia per un tumore ai linfonodi. Su un fisico già abbastanza provato, si abbatte un virus, dovuto probabilmente alla dissenteria della figlia più piccola. «La meningite si era trasformata in miocardite» sintetizza il geometra.
Finisce all’ospedale di Asti, la sua città. E qui sono bravissimi non solo a capire la gravità della situazione, ma anche a fare un passo indietro (cosa non sempre scontata), predisponendo l’immediato trasporto al più attrezzato nosocomio di Alessandria.
«Dopo avermi dotato di un contropulsatore, per consentire al mio cuore di continuare a battere, senza perdere tempo sono stato caricato in ambulanza e condotto ad Alessandria. Sono arrivato praticamente spacciato: a salvarmi, un massaggio cardiaco durato 27 minuti».
Il resto succede in Cardiochirurgia, «grazie ai dottori Andrea Audo e Federico Pappalardo, ma anche a tutta l’équipe, comprese le oss che mi trattano come fossi uno di famiglia, e le infermiere che sono al mio servizio come mai avevo immaginato potesse succedere ».
«Mia moglie, il traino»
È in quel reparto che «scende Gesù Cristo», sotto forma di personale specializzato, preparato a dovere per cercare di far funzionare un cuore traballante che, dicono, va sostituito. «Ma il primo novembre, il battito torna improvvisamente normale. Il giorno successivo sarei dovuto andare alle Molinette per il trapianto, intervento che, però, viene annullato. Meglio così».
A oggi, il pompaggio del cuore del geometra Abaci è ridotto al 42% ed «è concreto il rischio di dover indossare il giubbotto di emergenza», quello che protegge da infarto. «Mi sento affaticato, ma sono vivo. Continuo a sottopormi a controlli, sia ad Alessandria che ad Asti, e va bene così. Ringrazio tutti quelli che mi aiutano, a cominciare da mia moglie che è il traino della famiglia».
Il cuore c’entra anche qui.