Dossier Spinetta, storia di un inquinamento
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ROMA – Inquinamento: mancanza di dati (soprattutto in Piemonte, nonostante l’università di Liegi abbia trovato Pfas nel sangue di una trentina di spinettesi), sfiducia nelle istituzioni che poco o nulla fanno per dare risposte e azioni concrete ai cittadini e paura di ammalarsi. Questo, in estrema sintesi, è ciò che è emerso durante l’incontro ‘Pfas, retrospettiva e prospettive future’, nella sede dell’Università lateranense di Roma (l’università del Papa, per intenderci) dello scorso 6 ottobre.
Al tavolo dei relatori anche il Gruppo Ànemos salute-inquinamento, rappresentato dall’ex assessore all’Ambiente Claudio Lombardi e da Mirella Benazzo, uno dei suoi promotori.
Un incontro che ha visto la presenza dei massimi esperti del settore come Valentina Fuscoletti dell’Istituto Superiore di Sanità, Stefano Polesello e Sara Valsecchi del Centro Nazionale di Ricerca, Vincenzo Cordiano (Isde Associazione Medici per l’Ambiente), Giuseppe Ungherese di Greenpeace e molti altri sotto la regia di don Massimo Angelelli, direttore Ufficio Nazionale per pastorale della salute della Cei.
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C’è un messaggio che spicca forte e chiaro: per il caso del Piemonte, rispetto al Veneto, non è possibile sapere l’entità effettiva del danno provocato da questo tipo di inquinamento, ovvero quanto possa essere esteso ed intenso. Perché non ci sono dati completi.
«Piemonte e Veneto hanno analogie – spiega Mirella Benazzo – ma anche differenze. Le differenze riguardano proprio la comprensione del problema. Mancano dei dati, ed è difficile capire quanto sia esteso. Le Mamme NoPfas sono riuscite ad avere gli esami del sangue, mentre da noi, ad Alessandria, i blocchi sull’indagine epidemiologica e del biomonitoraggio, impediscono di comprendere quanto sia esteso il problema. Ma nessuno, all’incontro, ha messo in dubbio che ci sia».
Gli esperti del Centro nazionale di Ricerca hanno esposto il quadro storico riferito alla presenza del polo chimico di Spinetta.
«Abbiamo iniziato a tracciare mensilmente lo scarico di questo fiume (il Bormida, ndr) – ha spiegato Stefano Polesello – a valle dello scarico. E avevamo dati della falda superficiale, sotto l’azienda. Noi individuiamo, cosa che era abbastanza ovvia, però in maniera non controvertibile, l’impatto che Solvay aveva su tutto il corso del fiume Po… Perché quello che è scaricato a Spinetta arriva identico a Ferrara, alla Laguna…».
«Un intervento che mi ha colpito molto – continua Mirella Benazzo – è quello sulla paura di ammalarsi. Tema affrontato da una psicologa sociale, docente universitaria veneta. Tra le sue studentesse è forte la paura di ammalarsi, ma anche di riuscire a rimanere incinta. Una ragazza che si trova a sapere che potenzialmente può avere Pfas nel sangue e che, sempre potenzialmente, queste sostanze possano influire sulla gravidanza, è una condizione che colpisce molto a livello psicologico. È la stessa cosa che provo io. Si è parlato di paura di ammalarsi, perché in Veneto, avendo potuto fare gli esami del sangue, molti hanno scoperto di avere valori alti. Avere i Pfas nel sangue ti mette in una condizione di paura costante, perché non si sa come andrà a finire, se si svilupperanno e meno delle malattie. E questo impedisce anche la possibilità di reagire, perché si è lasciati al caso».
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Sospettare di poter avere queste sostanze nel sangue «genera molto stress, proprio una violenza da questo punto di vista».
In Piemonte la situazione «è ancora più grave – sottolinea la Benazzo – perché non c’è nemmeno la possibilità di farli questi esami, di avere risposte. L’università di Liegi – continua – ha dimostrato che gli spinettesi che si sono sottoposti ai prelievi avevano Pfas nel sangue. Gli altri rimangono con un grande punto interrogativo, senza sapere cosa fare».
Ad Alessandria il biomonitoraggio è un miraggio, così come la terza fase dell’indagine epidemiologica, ovvero l’eventuale correlazione tra malattie e inquinanti. E la melina tra istituzioni è degna dei più grandi calciatori di sempre.
«La sfiducia nelle istituzioni – continua Mirella Benazzo – è un altro degli aspetti discussi. Alcuni relatori hanno spiegato come i cittadini che chiedono aiuto non ricevono risposte, nemmeno azioni concrete, e non sanno più cosa fare. Questo è un argomento che ho ribadito anch’io».
L’ingegner Claudio Lombardi ha cercato di inquadrare il problema alessandrino dal punto di vista storico, analizzando le differenze tra Piemonte e Veneto sviscerando la questione dell’indagine epidemiologica di Arpa e Asl in stand by (che andrebbe aggiornata ad oggi in quanto i dati considerati precedentemente erano solo fino al 2019).
L’ex assessore all’Ambiente ha poi puntato l’attenzione su quanto siano importanti per l’alessandrino i controlli dell’aria perché, dal suo punto di vista, l’inquinamento da Pfas viene assorbito per via aerea.
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«Abbiamo estremo bisogno della collaborazione di esperti – ha spiegato Mirella Benazzo in aula – Ho evidenziato quanto la cittadinanza stia chiedendo aiuto alle istituzioni dal punto di vista sanitario, senza risposta».
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E allora è doveroso ricordare alla Regione Piemonte e al Comune di Alessandria, ancora una volta, che l’università di Liegi ha trovato una forte positività di Pfas nel sangue di alcuni spinettesi.
Quando arriveranno risposte concrete?