«All’ospedale infantile il mio Giulio ha avuto cure, amore e speranza»
Il bambino è nato a giugno, affetto dal morbo di Hirschsprung. «A Milano non ci avevano dato prospettive, la svolta grazie al dottor Pini Prato»
«Siamo in ospedale oramai da quattro mesi. Non è facile, ma oggi lo stato d’animo è diverso e per questo dobbiamo ringraziare medici e personale dell’ospedale infantile ‘Cesare Arrigo’ di Alessandria».
Lidia Garavaglia, 41enne di Cremona, lo scorso 6 giugno ha dato alla luce il suo primogenito, Giulio Corona Garavaglia. «Ho partorito al ‘San Raffaele’ di Milano, ma sono stata trasferita d’urgenza al ‘Mangiagalli’dopo che il bambino è stato male. La diagnosi? Morbo di Hirschsprung, una malattia molto rara che impedisce all’intestino di muoversi autonomamente, privandolo di fatto del proprio ‘cervello’. A Milano, anche con scarso tatto, ci era stato delineato un quadro clinico molto complicato, con prospettive ancora più preoccupanti».
Facile immaginare lo stato d’animo di mamma Lidia e papà Diego, che pensavano di avere realizzato un sogno e che si sono ritrovati a vivere il peggiore degli incubi.
L’associazione Amorhi
«Dopo qualche ricerca online, abbiamo conosciuto l’associazione Amorhi, del cui comitato scientifico fa parte il dottor Alessio Pini Prato, e dopo un consulto con l’ospedale ‘Meyer’ di Firenze, ci è stato consigliato di rivolgerci all’Infantile di Alessandria. È stato un colpo di fortuna, da Cremona mai avremmo pensato di rivolgerci a questa struttura e soprattutto mai ci saremmo aspettati di trovare una simile eccellenza».
È il punto di svolta, perché le cose migliorano rapidamente, fin dai primi giorni.
«Sono al ‘Cesare Arrigo’ dal 12 luglio, dopo che il dottor Pini Prato ci ha aiutati ad organizzare il trasferimento e a curare ogni minimo dettaglio del ricovero. Queste piccole realtà di provincia hanno valori molto importanti, dal punto di vista medico come da quello umano e meriterebbero una ribalta ben diversa anche a livello nazionale».
Nuovo scenario
Lidia, Giulio e Diego di strada ne dovranno compiere ancora molta, ma lo scenario – rispetto ai primi giorni milanesi – è completamente cambiato.
«Ad Alessandria abbiamo ritrovato fiducia e speranza. Certo, il quadro resta complicato, perché parliamo di una malattia che presenta condizioni quasi di unicità, ma le prospettive sono diverse e oggi sono buone: Giulio sta crescendo e lo sta facendo bene. Con grande serenità, prima di tutto».
A fare la differenza, la componente umana e l’affetto dimostrato quotidianamente nei confronti della famiglia Corona Garavaglia.
«Siamo stati di fatto ‘adottati’ – conferma Lidia – io non torno a casa da quattro mesi, ma qui ho trovato un ambiente amorevole e accogliente, dove non manca nulla. Giulio stesso percepisce questo affetto, è tranquillo e sereno, per me è la cosa più importante. Voglio dire grazie al personale medico, ma anche a quello infermieristico, alle logopediste, alle fisioterapiste e agli altri operatori sanitari, che hanno avuto un approccio globale al bimbo: una seconda famiglia a tutti gli effetti».
«La scelta migliore»
A breve sarà il momento di tornare a Cremona, ma Lidia, Diego e di conseguenza anche il piccolo Giulio non dimenticheranno mai l’esperienza alessandrina.
«Vorrei che il ‘Cesare Arrigo’ venisse valorizzato maggiormente, quello che sta facendo il dottor Pini Prato è qualcosa di eccezionale, anche a livello italiano, e il convegno organizzato settimana scorsa proprio sul morbo di Hirschsprung rappresenta un’ulteriore conferma pratica di questo impegno. Sono certa di una cosa: per aiutare il nostro Giulio, non avremmo potuto fare scelta migliore».