Emanuele e i giorni del linfoma: «Mi hanno insegnato a non mollare mai»
Dal 2018 i ricoveri, la chemio, i controlli continui. Il legame di uno studente casalese con lo staff di Ematologia: «Sfortuna? No, mi sono corazzato»
Se vi servissero mai parole di conforto da sfoderare nei momenti di avversità, ecco quelle di Emanuele Leporati: «La malattia ematologica mi ha reso tenace, consapevole delle mie potenzialità. Mi ha indicato come calibrare paura e adrenalina e come affrontare le sfide della vita».
Dice così, il ragazzo. Ha 22 anni, abita a Casale, studia all’Upo, s’immagina un futuro da insegnante di Latino e Greco, è un appassionato di letteratura e lo si capisce dall’eloquio.
Mostra una foto in cui è calvo a causa della chemioterapia. Ora ha i capelli lunghi, fors’anche per lasciarsi alle spalle quel periodo “da malato”, cominciato con la scoperta di un linfoma e superato quasi del tutto (il “quasi” è giustificato dal fatto che deve sottoporsi a controlli semestrali).
«Non dico mai che ho avuto sfortuna, né che del mio linfoma non ne voglio più sapere puntualizza Leporati – Quel che m’è successo mi ha fatto crescere. E molto merito va allo staff del reparto di Ematologia dell’ospedale di Alessandria, una guida fondamentale in un percorso che definirei “la strada maestra”, non scelta ma costruita nel tempo, capace di incidere il mio cuore e di regalarmi un grande insegnamento: non bisogna mollare mai».
Ostacoli da superare
Emanuele s’è aggrappato alla speranza, alla gioventù e alla bravura dei medici. Poi, certo, ci vuole un po’ di buona sorte, quella che suo padre non ha avuto: se n’è andato nel 2022, col Covid ad accanirsi su un fisico già debilitato da un sistema immunitario depresso. Anch’egli aveva un linfoma, all’incirca come quello (definito «di Burkitt al primo stadio») che nel 2018 fece ingrossare il collo del ragazzo.
L’immediata biopsia, al Santi Antonio e Biagio, non lasciò incertezze al liceale casalese. E il reparto di Ematologia, da allora, sarebbe stato per un po’ la sua seconda casa.
«Mi prospettarono quattro cicli di chemio – racconta – ma, per fortuna, l’ultimo non fu necessario. Sono stato ricoverato a maggio 2018, poi un secondo ricovero a giugno, fino al giorno del mio 17esimo compleanno, il 19 luglio. Ad agosto, terzo ciclo. Da allora, basta ricoveri, ma solo controlli periodici, prima ogni due settimane, poi, e siamo nel 2019, una volta al mese; dal 2020, ogni tre o quattro mesi, e dal 2021 due volte all’anno».
Le frequentazioni consentono di stringere rapporti d’amicizia con parte dello staff diretto da Marco Ladetto. «Penso a medici come Lorella Depaoli, Maria Teresa Corsetti, Federico Monaco, Daniela Pietrasanta, Manuela Zanni e la coordinatrice degli infermieri Anna Rita Pesce, senza dimenticare il neuropsichiatra Maurizio Cremonte e la psicologa Elena Paiuzzi che continuano a darmi supporto».
Non sono amici d’infanzia ma trovati per necessità, e grazie ai quali Emanuele ha superato un ostacolo che ostruiva il suo ancor breve percorso di vita. Ci vuole fortuna, talvolta a imbattersi in chi aiuta. Ma occorre anche sapere aiutare se stessi.