L’inflazione scende a luglio, ma Alessandria entra nella top ten delle città più care d’Italia
Il costo della vita per una famiglia alessandrina è aumentato mediamente di 1500 euro in un anno
ALESSANDRIA – L’Istat ha appena pubblicato i dati definitivi sull’inflazione nei dodici mesi terminanti a luglio, con riferimento sia alla media italiana sia ai 78 capoluoghi di provincia che partecipano alle rilevazioni dell’indice generale dei prezzi al consumo (acronimo NIC).
Diventa quindi possibile aggiornare la classifica, tradizionalmente elaborata dall’Unione Italiana Consumatori (UNC), sulle città italiane “più care”, con ciò intendendo le città per le quali è più elevato l’incremento annuale di spesa per consumi che una famiglia media deve sostenere sulla base dell’inflazione sperimentata nel periodo esaminato. Al riguardo, la tabella allegata riporta la graduatoria delle 10 città italiane più care, insieme alla posizione occupata dai capoluoghi di provincia piemontesi considerati dall’Istat. L’ultima colonna della tabella illustra pure il cambiamento di posizione delle varie città rispetto alla classifica precedente relativa al mese di giugno.
Preliminarmente vale la pena di osservare che, nella media italiana, la crescita dei prezzi a luglio su base annuale si è collocata al 5,9%, con una riduzione di mezzo punto percentuale rispetto al mese precedente. La città più cara risulta essere ancora una volta Genova, nella quale l’inflazione del periodo, pari all’8,2% (che è la più alta d’Italia), implica una spesa aggiuntiva annua per famiglia media pari a 1.788 euro. Seguono nella graduatoria Varese, con il 6,5% di inflazione e 1.714 euro di rincari, e quindi Milano, con inflazione al 6,3% e rincari di 1.710 euro. Varese avanza di cinque posizioni rispetto a giugno, mentre Milano di una.
Alessandria è decima
Nella top ten delle città più care d’Italia entra la provincia di Alessandria, che si posiziona al decimo posto, avanzando di una posizione rispetto a giugno e collocandosi sotto Lucca solo per una questione di decimali. La città toscana, peraltro, è quella che segna il maggior balzo in avanti in classifica, risalendo di ben 24 posizioni, a causa del fatto che risulta una delle poche città in cui l’inflazione a luglio è aumentata, passando dal 6,6% di giugno al 6,8%. Nel caso di Alessandria, dove invece l’inflazione è scesa di mezzo punto percentuale, dal 7,4 al 6,9%, il rincaro medio annuo di spesa per consumi di una famiglia media risulta pari a 1.533 euro.
A differenza di Alessandria, le altre province piemontesi mantengono o migliorano la loro posizione nella graduatoria: Torino persiste al 15° posto, con un’inflazione al 6,5% (4 decimi di punto in meno), Cuneo scende di ben 16 posizioni, dal 21° al 37° posto (inflazione calata dal 7 al 6,1%), Novara arretra di 6 posizioni, dal 36° al 42° posto (inflazione dal 6,6 al 6%), Biella scende di 7 posizioni, dal 48° al 55° posto (inflazione dal 6,5 al 5,9%) e infine Vercelli arretra di 6 posizioni, dal 52° al 58° posto (inflazione dal 6,3 al 5,8%).
L’altro capo della graduatoria
Per completezza vale la pena di osservare che all’estremo opposto della classifica, partendo dal basso, ritroviamo a luglio le stesse città che occupavano le ultime posizioni anche a giugno: Potenza (3,5% di inflazione e rincari annui di 691 euro), Catanzaro (4,3% e 803 euro) e Reggio Calabria (4,7% e 878 euro). Inoltre, a livello regionale, mentre la Liguria si conferma al primo posto (7,9% di inflazione e rincari annui di 1.630 euro), seguita ancora da Umbria (6,7% e 1.513 euro) e dalla new entry Lombardia (5,8% e 1.507 euro), il Piemonte si colloca ora al quinto posto, avanzando di una posizione, con un tasso di inflazione del 6,4% e un incremento annuo di spesa per famiglia di 1.397 euro.
È interessante infine osservare come la maggiore inflazione alessandrina, rispetto tanto alla media nazionale (1 punto percentuale in più) quanto a quella regionale (mezzo punto in più) è ancora una volta conseguenza del più elevato incremento dei prezzi relativi soprattutto per tre capitoli di spesa: abitazione, acqua, elettricità, gas e altri combustibili; abbigliamento e calzature; ricreazione, spettacoli e cultura.
Nel primo caso l’incremento provinciale è stato pari addirittura al 19,7%, contro il 16,3% regionale e il 9% nazionale (meno della metà); nel secondo caso le corrispondenti cifre sono 5,6% contro 4,8% e 3,4% (con i pacchetti vacanza, all’interno del capitolo di spesa, rincarati del 16,1%); nell’ultimo caso infine abbiamo 5,5% contro 5,3% e 4,3%. Anche per i servizi ricettivi e di ristorazione l’incremento provinciale dei prezzi è stato elevato: 7,6%, contro un 5,7% piemontese, sebbene al di sotto di quello nazionale (8%), che ha risentito maggiormente dell’inizio del periodo delle vacanze. Un discorso analogo vale per i prodotti alimentari, aumentati del 10,6% in provincia, in linea con quanto accaduto in regione e nella media del Paese.