Il fisiatra Gatto, tra tartufi e insalata russa: «Il Borsalino e il reparto nello scantinato»
Una carriera al Santi Antonio e Biagio, cominciata con Fiandesio. Ha scritto un libro sulla medicina manuale. E ha mille interessi, compreso il golf
Renato Gatto abbiamo capito che si può parlare di:
- automobili;
- golf (non l’auto: la disciplina sportiva);
- tartufi;
- Parigi;
- India;
- Università;
- insalata russa…
A sto giro ci dedichiamo soprattutto alla Fisiatria, che è la “materia” che ha trattato nella sua lunga carriera ospedaliera, cominciata (letteralmente) il giorno dopo la laurea e proseguita fin quando ha deciso di dire basta, perché non è che tutto gli andasse a genio.
E quando qualcosa procedeva nel verso sgradito, lui non le mandava a dire.
«Mai stato diplomatico» ammette.
E lo si capisce durante una chiacchierata all’ospedale di Alessandria, luogo che non frequenta da un po’ ma in cui, per molto tempo, è stato un protagonista. Di più: «Io, Montanaro e altri cinque o sei medici alessandrini il Santi Antonio e Biagio lo abbiamo rivoluzionato».
Stiamo parlando del periodo tra il 1985 e il 1995, «il momento di maggior splendore », sostiene.
In via San Lorenzo
Come si fa a raccontare la vita di un medico poliedrico, che non ha mai smesso di insegnare all’Università, che ti racconta della famiglia, che elenca colleghi e direttori («quello è il migliore, quell’altro insomma…»), che, alla fin fine, confessa di avere paura degli specchi d’acqua (tant’è che quando gioca a golf al Margara di Fubine e la pallina arriva vicino al laghetto, deve voltarsi dall’altra parte)?
Ci proviamo, con una giustificazione: talvolta sono le inezie a incuriosire di più. E allora diciamo subito che il medico c’entra con il mitico ‘Gatto nero’, indimenticabile negozio di alimentari in via San Lorenzo. L’ex titolare Giancarlo («quello che scrive bene, io non sono così bravo») è suo fratello. «Ero un grande assaggiatore di insalata russa» dice, confessando qual è stato il suo contributo all’attività di famiglia.
Manuale sul… manuale
«Adesso, gli odori della cucina non li sopporto più – racconta – E dire che, qui in ospedale, quando il mio reparto era in uno scantinano, di odori se ne avvertivano per così: la lavanderia era vicinissima e, da quelle parti, trasportavano pure i defunti». Ha buon naso per i tartufi: «Mio nonno era uno straordinario cercatore. Io, in tempo di Covid, mi sono augurato che l’olfatto non venisse intaccato…».
In quel periodo ha scritto un libro: ‘La medicina manuale’, ovvero ‘Come trattare i dolori comuni dell’apparato locomotore’. Non lo si può considerare la summa delle sue conoscenze in materie, perché non possono di certo bastare 120 pagine, peraltro con ampio corredo fotografico. È comunque un compendio (un manuale sul… manuale) utile per fisiatri di oggi e di domani.
Nella quarta di copertina, la biografia. Ce n’è fin che mai. In sintesi: ha 79 anni, si è laureato a Pavia nel 1969; è specializzato in Medicina fisica e Riabilitazione, Radiologia e Medicina ortopedica e terapia manuale. Ha avuto un po’ di incarichi in atenei vari, ed è direttore scientifico alla Sapienza di Roma. «Continuo perché mi piace molto» dice.
Fiandesio, un maestro
Dalle chiacchiere, affiora sempre il nome del suo maestro, Dario Fiandesio, di cui Gatto è stato assistente volontario («gli dissi basta, dopo un anno di lavoro gratis, e mi assunse»), assistente effettivo e aiuto. Dal 1985 al 2002, anno della pensione, è stato direttore di Medicina fisica e Riabilitazione dell’Azienda ospedaliera, «con debutto nello scantinato, vicino alla lavanderia » ribadisce.
Poi successe che venne trasferito il reparto di Neurologia e che, dunque, al primo piano si liberarono spazi. «Li occupai io, poco per volta» spiega. E Fisiatria cominciò un’ascesa che terminò – qui, almeno – quando il settore venne dirottato al Borsalino.
«Copiai da Basilea»
E, dunque, ora si impone l’apertura di un altro capitolo. «Il centro riabilitativo è nato con me – dice Gatto – Andai a Basilea, vidi una struttura meravigliosa e la copiai. Poi qui ad Alessandria non è andata esattamente come avrei voluto. Anzitutto per i tempi di realizzazione, poi per come è stato sistemato il centro». La delusione il giorno in cui, durante una presentazione, si stava raccontando di com’era il Borsalino prima dell’alluvione e com’è ora, trascurando il momento della trasformazione, quello di cui Gatto è stato tra gli artefici: «Mi sono arrabbiato, preferendo andarmen».
Diplomatico non lo è stato neanche quella volta lì. «Io penso che si debba avere il coraggio di dire le cose, anche quando non vanno bene. Io lo facevo, pure da sindacalista spiega – Ai medici di oggi, secondo me, manca intraprendenza, sotto questo aspetto. E voglio ricordare che le strutture sono importanti, ma la fortuna di un ospedale lo fanno le persone che all’interno lavorano».
L’ultima battuta fa riferimento ai tempi dello scantinato: «Un giorno che ero assente, i miei collaboratori videro un topolino aggirarsi in reparto. E allora ci fu chi disse che quando manca Gatto i topi ballano». Ed è verità.