«Riscaldamento globale: paure legittime, ma serve razionalità»
“Mille e non più mille” era la paura collettiva medioevale della fine del mondo all’avvicinarsi dello scoccare del millennio, paura che gettava le genti nell’angoscia, invenzione dei posteri per gettare discredito sugli “anni bui” del medioevo, come illustra il Prof. Barbero in questa sua conferenza.
In queste settimane ha fatto scalpore l’intervista al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin in cui non si dice se il riscaldamento globale sia colpa dell’uomo o fatto naturale, ma solo che è in corso dalla metà del ‘900, così come l’intervento dell’ambientalista che soffre di eco-ansia e ha fatto piangere lo stesso ministro al Giffoni Film Festival.
Quale collegamento?
Ma come si legano la paura medievalista della fine del mondo e gli eventi di oggi? Sono innumerevoli gli articoli che ripetono che c’è tempo solo fino al 2030 per invertire la tendenza del riscaldamento globale, poi i suoi effetti inizieranno ad essere irrimediabili. È però vero?
Come in tutte le cose, non c’è solo menzogna o solo verità. Dobbiamo valutare i vari scenari e le soluzioni. Ci viene in aiuto Jim Skea, il nuovo capo dell’IPCC (Intergovernative Panel on Climate Change), (Intergovernative Panel on Climate Change, il comitato delle Nazioni Unite per lo studio del Cambiamento Climatico) che cerca di smorzare i toni rispetto una minaccia esistenziale per l’umanità al raggiungimento degli +1.5 °C.
Approccio razionale
Avere un approccio razionale è fondamentale per ponderare le scelte e mettere in atto le soluzioni, che sono lunghe, costose e sostanzialmente inutili in ambiti di emergenza.
Il mondo ha una inerzia termica immensa, quindi ogni azione iniziata oggi impiegherà anni per mostrare i suoi effetti. Cos’è l’inerzia termica di un sistema?
Pensiamo all’acqua che bolle, rimarrà calda ancora a lungo, a maggior ragione se la mettiamo in un contenitore isolato termicamente. Quando andiamo al mare in inverno c’è una temperatura maggiore che nell’entroterra, dato che l’acqua ha accumulato molto calore nei mesi estivi che rilascia in quelli freddi. Il raffreddamento passa dai minuti dell’acqua nella pentola ai mesi del mare, ai decenni del pianeta terra.
I limiti tecnologici
Si devono poi valutare i limiti tecnologici. L’auto elettrica si sta affacciando commercialmente ora sul mercato, benché i primi record di velocità furono ottenuti tutti con auto elettriche (nel 1899 si raggiungevano i 92.8 km/h con auto elettrica). Tale veicolo richiede una ristrutturazione del sistema energetico ed elettrico, che non può avvenire in settimane ma in anni, oltre un decennio.
Gli obiettivi intermedi
Bill Gates nel suo libro del 2021 “Come evitare un disastro climatico” pose il dubbio sugli obiettivi intermedi, come ad esempio l’obiettivo di dimezzamento delle emissioni entro un certo anno e l’annullamento successivo.
Potrebbe non essere la soluzione ottimale, dato che inconsciamente lavoreresti per l’obiettivo più vicino, non per quello lontano. Poniamo il caso che la produzione elettrica sia 100% carbone, se passi a 100% metano (soluzione ingegneristicamente semplice) le emissioni potrebbero dimezzarsi, ma spendendo molti soldi per ristrutturare tutto il sistema energetico.
Passare poi ad emissioni 0 necessita di una seconda ristrutturazione, e più radicale, per la necessità di un cambiamento di paradigma ancora più importante ma in un tempo minore.
Il concetto di ‘eco-ansia’
Questa “eco-ansia” verso il 2030 non è detto che possa essere del tutto positiva, potrebbe obbligarci (involontariamente) ad intraprendere soluzioni emergenziali (perché sentiamo la pressione politica di raggiungere i traguardi intermedi) e non organiche, alla fine deleterie nel raggiungimento dell’obiettivo finale.
Di contro l’avere un obiettivo molto distanziato nel tempo potrebbe far prevalere il “abbiamo tempo”, e poi ritrovarsi a non aver fatto nulla per decenni.
Se avessimo iniziato a diminuire le emissioni 20 anni fa, il percorso sarebbe stato molto più graduale ed economico, ma non avremmo avuto tecnologie che sono nate solo successivamente. Non esiste quindi una strada “migliore”, ma ne dobbiamo percorrere una.
Serve adattarsi
Skea pone quindi l’accento sul fatto che comunicare il messaggio di estinzione al raggiungimento dei +1.5 °C sia inopportuno, dato che non ci estingueremo, ma diventerà più difficile vivere e dovremo adattarci.
Dobbiamo fare in modo che ciò sia graduale e trovare soluzioni per invertire il tutto, abituandoci a cambiare stile di vita, più che pensare che il mondo finirà.