Alessandria, una lettrice: “Umiliata durante la visita”. L’Ospedale: “Restiamo a disposizione”
Il racconto-sfogo di una 28enne che non ha trovato il "posto sicuro" che si sarebbe aspettata. L'Aso precisa: "Abbiamo già risposto alla signora"
ALESSANDRIA – Una lettrice ci ha inviato una testimonianza con la quale racconta quanto sarebbe accaduto durante una visita avvenuta all’interno dell’ospedale di Alessandria. In merito, abbiamo interpellato gli uffici di via Venezia che ci hanno fatto avere una nota per informarci di aver già risposto privatamente alla donna. Di seguito la lettera della paziente e la replica dell’Aso.
La lettera
Il 27 giugno, per fibromialgia e altri dolori articolari ho fatto una visita in terapia del dolore all’ospedale civile di Alessandria. (…) La visita l’ho fatta dopo aver visto un reumatologo sempre in ospedale e in realtà dopo anni di attesa (prima ho tentato in ospedali più rinomati, poi è arrivato il covid e i tempi di attesa hanno fatto la loro parte) per questa diagnosi. Quindi non è che ho fatto la visita in terapia del dolore per divertimento, contando che ho 28 anni e che ho tante altre patologie purtroppo.
Arrivata in ospedale e sbrigate le formalità e in ritardo di un’ora, vengo chiamata in ambulatorio. In realtà già in corridoio mi stavo preoccupando perché sentivo la dottoressa urlare alla coppia di pazienti anziani che era dentro.
Appena entrata, senza un buongiorno, la dottoressa ha esclamato “allora, prende dei farmaci?” e avendo io un file con la terapia volevo mostrarglielo sul telefono, così li avrebbe segnati in un ordine coerente, invece mi invita a dettarglieli. Dopo ogni farmaco interrompeva e faceva dei commenti spiacevoli, ad esempio uno scambio è stato:
“Soffre di pressione alta?”
“No”
“E allora perché lo prende questo farmaco?”
“Per l’emicrania”
(Risposte) con tono molto aggressivo.
Un altro scambio è stato sulla mia depressione, sempre nella fase di anamnesi, dal momento che non prendo farmaci mi ha chiesto “Allora cos’è che fa per la depressione” ho risposto che faccio psicoterapia, anche per gestire il dolore, e ha ribattuto con un “Eh, non sta funzionando allora”. Di getto non sapevo cosa rispondere e ho solo detto che stava tirando conclusioni affrettate senza basi. Per il resto della visita ha insistito sulla faccenda peso corporeo in modo molto invadente, trattandomi come se vivessi sulle nuvole e mettendo enfasi quasi come non avessi bisogno di antidolorifici, ma solo di dimagrire, tanto da scriverlo in modo molto stigmatizzante sul referto.
Ripeteva che dovevo dimagrire quasi ad ogni frase, nonostante pure lei avesse constatato all’esame obiettivo che ho effettivamente la fibromialgia e altri problemi articolari. Tra l’altro, la palpazione dei tender points (necessaria alla diagnosi di fibromialgia) è stata molto dolorosa, facendomi fare urli di dolore e lasciandomi dolente per le successive ore (a Tortona, la settimana scorsa in fisiatria, la dottoressa fisiatra invece mi ha fatto sperimentare per la prima volta come possa non essere doloroso un controllo del genere, con delicatezza e pazienza).
Comunque, ha continuato ad insistere sull’attività fisica e io continuavo ad insistere che se ho dolore viene difficile fare qualsiasi cosa.
Se l’è presa che non avevo iniziato la terapia data dal reumatologo, come se avessi deciso io nonostante ripetessi che ben due medici (quello di famiglia e quello per l’emicrania) mi avessero consigliato di aspettare il suo parere. La terapia è un farmaco oppioide, quindi non una passeggiata e non in farmaco da prendere incautamente (farmaco che tra l’altro non mi sta aiutando).
Alla fine della visita mi consegna il referto e mentre uscivo ho letto la frase “Da rivedere dopo minima dimostrazione di impegno personale“. Ci sono rimasta malissimo e ho cominciato a piangere, per tre giorni sono rimasta a letto non riuscendo ad alzarmi se non per andare in bagno.
La terapia del dolore, come la terapia intensiva, è una delle ultime frontiere della medicina, molto delicata e richiede anni per l’accesso, dove una persona va quando non ci sono più strade. È orribile venire aggrediti, sminuiti e invalidati quando quello è IL posto dove si dovrebbe ricevere aiuto, incondizionato oltre tutto (mi riferisco alla frase in calce al referto).
Come dicevo, dopo quei tre giorni di morale a terra mentre mi riprendevo dal colpo ho fatto reclamo all’urp, mi sto chiedendo se valga la pena fare anche una segnalazione all’ordine dei medici.
(…)
La risposta dell’azienda ospedaliera
In riferimento alla lettera della signora, si comunica che l’URP – Ufficio Relazioni con il Pubblico ha effettuato le verifiche del caso e ha dato riscontro lo scorso 11 luglio. Come precisato nella nota di risposta, l’URP rimane a completa disposizione della signora per eventuali ulteriori chiarimenti.