Lanati: "Il Vinitaly è da non perdere"
L'enologo non ha dubbi: "Penso che questo evento non sia assolutamente finito"
FUBINE – “Maturazione dell’uva e cambiamenti climatici. Quale l’impatto sulla viticoltura e sull’enologia e, in particolare, sulle uve Nebbiolo da Barolo?”: a parlarne è stata la biologa ed enologa Dora Marchi al Centro di ricerche applicate allo sviluppo enologico ‘Enosis Meraviglia’ di Donato Lanati, Fubine. Questo, in occasione della degustazione delle annate 2020, 2021 e 2022 di Barolo en primeur.
Uno speach sintetico e diretto partito dal 1896, quando già lo svedese Svante Arrhenius (Premio Nobel per la Chimica (nel 1903), produsse un testo di letteratura scientifica per il ‘Philosophical Magazine and Journal of Science’ di Londra, Edimburgo e Dublino. Nello scritto, veniva attestata la prima ipotesi degli effetti dell’anidride carbonica sul clima. Lo stesso Premio Nobel affermò anche che “l’effetto serra deriva altresì dall’azione di altri gas come il vapore acqueo, il metano, l’ossido di diazoto e gli alocarburi”.
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Dagli assunti scientifici di Arrhenius ad oggi, la temperatura globale ha registrato un netto crescendo. Un riscaldamento accentuato negli ultimi 40 anni, per complessivi 1,2°/1,5°C circa in più.
“Quando parliamo di cambiamento climatico in viticoltura, dobbiamo prenderne in considerazione gli effetti: l’aumento dell’evapotraspirazione, la diminuzione della sostanza organica del terreno anche a causa di eventi estremi, l’incremento del contenuto di Co2 e di altri gas serra, l’incremento della luminosità dovuto alla scarsa presenza di nuvole. E, ancora, l’aumento dei raggi ultravioletti e della temperatura del mare e, complessivamente, l’incremento generalizzato delle temperature, con scarse precipitazione sia prima dell’invaiatura sia durante la maturazione dell’uva” aggiunge Marchi.
“Effetti che, a loro volta, stanno determinando evidenti manifestazioni sulla maturazione dell’uva, interessata da un anticipo di fioritura nonché da un accorciamento e anticipo delle fasi fenologiche. Ne derivano, per tanto, una riduzione dell’acidità dei mosti e dei vini, l’aumento del pH, un sensibile incremento del contenuto in zuccheri nell’uva e, soprattutto, il disaccoppiamento tra le maturità tecnologica, fenologica e aromatica”.
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Prendendo in esame le diverse annate di Barolo ricomprese negli ultimi 20 anni, pur restando nel range under 3,8, emerge un incremento progressivo del pH, spiccatamente accentuato nelle annate a bassa piovosità, come: il 2017 (204,6 mm di pioggia e un pH a 3,66) e il 2022 (179,3 mm di pioggia e un pH a 3,79).
A cambiare sono state anche le date di inizio vendemmia. Per il Barolo si è passati da metà ottobre (nel 2014) al 20 settembre (nel 2022). “Il 2022 è certamente stato un anno di grande sofferenza per la vite e, conseguentemente, per l’uva che, in molti casi, ha presentato situazione estreme di maturazione”, ha osservato l’eno-biologa Marchi. “Fortunatamente, però, altre condizioni pedoclimatiche hanno compensato garantendone, comunque, una buona annata e, anche, di longeva prospettiva”.
“Il cambiamento climatico, inevitabilmente, impatta anche sulle caratteristiche compositive e chimico-fisiche delle uve e, pertanto, dei vini. La dimostrazione sta in pH e grado alcolico elevati, basso acido malico e conseguentemente acido lattico, inferiore contenuto antocianico, generalmente superiore il contenuto dei flavonoidi, mentre i tannini offrono una sensazione secca e asciutta, talvolta, amara. Infine, l’intensità colorante è inferiore, la tonalità più elevata e i vini risultano pronti prima e meno longevi”.