Acqui Terme, sparatoria alla cascina Spiotta: riaperte le indagini sull’ex Br Azzolini
Nel 1975, durante la liberazione di Vittorio Vallarino Gancia, morirono il carabiniere D’Alfonso e la Br Mara Cagol
ACQUI TERME – Sono passati 48 anni da quando, il 5 giugno 1975, il carabiniere Giovanni D’Alfonso, venne ucciso alla cascina Spiotta, ad Acqui Terme, in un conflitto a fuoco tra brigatisti rossi e carabinieri. Oggi, il Gip ha sciolto la riserva sulle indagini: il giudice Anna Mascolo ha revocato la sentenza di non doversi procedere emessa il 3 novembre 1987 nell’ambito del procedimento contro Lauro Azzolini e autorizza la riapertura delle indagini per la durata di 6 mesi.
La Procura di Torino chiedeva al Gip di poter indagare su Lauro Azzolini in relazione ai delitti di sequestro di persona a scopo di estorsione, detenzione e porto d’armi, omicidio di D’Alfonso e tentato omicidio di altri tre militari.
Su Azzolini, ex brigatista già prosciolto per questi fatti, si dovrà indagare ancora. I magistrati stanno cercando di far luce sul mistero del brigatista che riuscì a fuggire durante la liberazione dell’imprenditore vitivinicolo Vittorio Vallarino Gancia. Nel conflitto a fuoco morirono la brigatista Mara Cagol, moglie di Renato Curcio, e l’appuntato dei Carabinieri Giovanni D’Alfonso.
Azzolini, oggi 79enne, a quei tempi era a capo della colonna milanese delle Br: in seguito si è dissociato. Il suo legale aveva spiegato come il 79enne non abbia nulla da temere da questa indagine.
Si indaga anche sul ruolo di Renato Curcio, 81 anni, che ha negato ogni coinvolgimento diretto o indiretto in merito a quei fatti. Curcio ha chiesto agli inquirenti di chiarire le circostanze della morte della morte di Mara Cagol: secondo lui la donna fu uccisa mentre aveva le mani alzate in segno di resa.
Renato Curcio non c’era alla cascina Spiotta ma, per gli inquirenti, era una figura apicale delle Br e sospettano che pianificò il sequestro. Di contro, per Renato Curcio, le Br non avevano figure apicali ma un’organizzazione a compartimenti stagni. Non sapeva nulla del rapimento: essendo evaso dal carcere di Casale pochi mesi prima, aveva lasciato il Piemonte sospendendo qualsiasi contatto con la colonna torinese.
La nuova inchiesta è stata avviata dopo un esposto presentato dal figlio del militare ucciso e trae linfa da accertamenti su cui è calato il massimo riserbo. Il 4 ottobre scorso, presso i Ris di Parma, sono stati avviati alcuni accertamenti e compiute operazioni su oggetti e documenti rinvenuti nel covo Br di via Maderno a Milano nel gennaio 1976.
In particolare, con grande impegno tecnologico e scientifico, si èdata attenzione a una macchina da scrivere utilizzata probabilmente per redarre la relazione di molte pagine che il Br fuggito dalla Spiotta avrebbe consegnato ai vertici dell’organizzazione e al contenuto e stesura della memoria, rinvenuta nel covo.