Musulmani acquesi: in 150 per la preghiera di fine Ramadan
I fedeli si sono radunati a Strevi. "Nuova moschea? Stiamo solo ristrutturando un capannone"
Tra qualche anno il centro culturale potrebbe trasferirsi altrove, ma intanto c’è un altro problema...
ACQUI TERME – Una comunità che cresce ha bisogno di spazio, quindi di luoghi in cui poter svolgere le proprie attività, siano esse culturali, aggregative, ludiche o di preghiera. Un nuovo spazio, d’altronde, è ciò che chiede da parecchi anni la comunità musulmana di Acqui Terme.
“Il primo progetto – spiega Mohammed El Hlimi, presidente del Centro Islamico Culturale – lo abbiamo presentato in Comune nel 2009, poi in seguito anche alle altre amministrazioni che si sono succedute. L’idea era quella di abbattere il capannone dell’ex Stilvetro in corso Divisione, acquistato qualche anno prima, per realizzare una nuova struttura. Ogni volta, però, per un motivo o per l’altro il progetto non è mai arrivato fino al vaglio della Commissione edilizia”.
Ad Acqui il centro culturale della comunità musulmana ha sede in via Nizza, “ma ormai è diventato davvero troppo piccolo. Una settantina di metri quadri non possono bastare per una comunità di oltre 3mila persone. Il nostro centro culturale è un punto di riferimento per i fedeli di tutto l’Acquese”. Una comunità sempre più numerosa che si adatta come può e che in occasione di celebrazioni particolari, come ad esempio le ‘Tarawih’ – preghiere straordinarie recitate nel mese di Ramadan da un’ora e mezzo dopo il tramonto a poco prima dell’alba – si riunisce in un capannone in strada Sott’Argine, “dove dall’anno scorso organizziamo anche l’Id al-Fitr, la festa che celebra la fine del sacro digiuno, a cui lo scorso 21 aprile hanno partecipato più di 800 fedeli”.
Stufo di aspettare, El Hlimi ha quindi deciso di fare da sé iniziando a recuperare il capannone di corso Divisione. “In tempo di pandemia – dice – abbiamo bonificato il tetto dall’amianto, poi abbiamo realizzato il cappotto termico e ora abbiamo avviato le prime ristrutturazioni interne. Tutto a spese nostre, perché non riceviamo sovvenzioni da nessuno”. L’obiettivo è quello di riuscire un giorno a trasferire il centro culturale nella nuova struttura. “Quando? Ancora non lo sappiamo, forse nel giro di 2-3 anni, ma potrebbe volerci più tempo”.
Premessa per sgomberare il campo da equivoci: non si tratterebbe di una moschea, “ma di un centro culturale più ampio. Tuttavia – osserva El Hlimi – credo che gli acquesi debbano rendersi conto che anche i musulmani hanno il diritto di pregare e riunirsi in un luogo di culto vero e proprio“. Un diritto inalienabile, d’altronde, garantito dalla Costituzione italiana.
C’è anche un altro problema su cui i musulmani acquesi pongono l’accento, “ovvero la mancanza di un cimitero. I più anziani prima di andarsene chiedono di ritornare nei paesi di origine ma chi, come me, è arrivato in Italia da ragazzo e oggi ha una famiglia preferisce essere sepolto qui, per rimanere vicino ai propri cari. Per ora ci appoggiamo ai cimiteri di Alessandria e Torino, ma soprattutto ad Alessandria so che i posti disponibili sono sempre meno”. Su questa problematica El Hlimi si è già confrontato con il sindaco Rapetti, “che ha accolto le nostre istanze e si è detto disponibile ad affrontare la questione”.
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