Domani a Camagna Gad Lerner ricorda il partigiano Eusebio Giambone
La commemorazione in occasione dei 120 anni dalla sua nascita
CAMAGNA – Domani a Camagna, in occasione del centoventesimo anniversario della nascita, il giornalista Gad Lerner commemorerà il partigiano monferrino medaglia d’oro al valore Eusebio Giambone: modesto operaio, animato da purissima fede, accorreva all’appello della Patria oppressa. Infaticabile organizzatore e combattente audace sapeva trasfondere ai compagni di lotta lo stesso entusiasmo che lo animava per la causa alla quale aveva dedicato tutto se stesso. Catturato dal nemico, processato e condannato a morte, affrontava impavido il plotone di esecuzione e nel cadere sotto la raffica del piombo nemico lanciava, con l’offerta della sua vita, l’estrema invocazione alla Patria. Luminosa figura di combattente della libertà.
Dalle 11 presso la Casa nata che sorge in Via Martire Giambone, spostandosi poi sotto i portici del Palazzo Municipale, ci sarà il celebre giornalista che è autore, insieme con Laura Gnocchi, di quello straordinario scrigno che contiene e conserva le parole e i volti di tante che hanno partecipato alla Resistenza: il libro-archivio in cui è possibile leggere/ascoltare le testimonianze, tra gli altri, anche della figlia di Eusebio, Gisella, scomparsa di recente e che si può sentire nella sua voce al link dedicato.
Nato a Camagna Monferrato il 1° maggio 1903 e trasferitosi a Torino in tenera età con la famiglia, a seguito del padre dipendente delle ferrovie, Eusebio Giambone, dopo aver frequentato le scuole tecniche, trova lavoro come tornitore in un’industria torinese. Cresciuto in borgo San Paolo, entra giovanissimo nelle file della Gioventù socialista.
Vicino al gruppo dell’Ordine nuovo, prende parte all’occupazione delle fabbriche nel settembre 1920 e aderisce poi al Partito comunista d’Italia, sin dalla sua fondazione. Aggredito dagli squadristi fascisti, arrestato nel 1921 e condannato a 9 mesi di carcere, è costretto dalle continue minacce a emigrare in Francia nel dicembre 1922.
Nel 1923 raggiunge a Lione il fratello Vitale (che accorrerà in difesa della repubblica spagnola nelle file delle Brigate internazionali e cadrà sul fronte di Huesca nel 1937) e qui si sposa con Louise Breysse. Giambone prosegue la propria attività politica nell’emigrazione (entrando anche a fare parte del consiglio nazionale dell’Unione popolare italiana istituita nel 1937) fino all’arresto da parte della polizia francese nel maggio 1940 e al successivo internamento nel campo di Vernet. A seguito del rimpatrio degli antifascisti italiani stabilito dal regime di Vichy, nel luglio 1941 è consegnato alla polizia fascista che, dopo averlo imprigionato nelle carceri Nuove di Torino, lo invia al confino a Castel Baronia con la famiglia.
Liberato nell’agosto 1943, dopo la caduta del fascismo, Giambone riesce a rientrare a Torino e a riprendere i contatti col Partito comunista. Da subito attivo nella Resistenza, si adopera per l’organizzazione dei lavoratori nelle fabbriche e rappresenta il Pci nel Comitato militare costituito dal Comitato di liberazione nazionale regionale piemontese.
Il 31 marzo 1944 è arrestato dai fascisti con gli altri componenti del Comitato militare nel corso di una riunione clandestina convocata nella sacrestia della chiesa di San Giovanni. Condannato a morte dal Tribunale speciale al termine di un processo svoltosi il 2 e 3 aprile, viene fucilato il 5 aprile presso il Poligono del Martinetto, con Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Massimo Montano e Giuseppe Perotti. La sua memoria è stata insignita della medaglia d’oro al valor militare e le lettere di addio da lui scritte alla moglie e alla figlia Gisella sono pubblicate nelle Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana.