Casale: la Festa di Liberazione (ancora) nel segno della contestazione
Interrotto il discorso del sindaco Riboldi. Duro l'oratore Montalenti: «Non possiamo non pensare che il modo di condurre l'Italia non sia una simbologia del vecchio regime fascista»
CASALE – Non è la prima volta che le celebrazioni della festa di Liberazione a Casale si caratterizzano con contestazioni da quando a Casale si è insediata la giunta guidata da Federico Riboldi. Quella di quest’oggi non ha rappresentato un’eccezione.
Le prime avvisaglie si erano avute prima ancora dell’arrivo in Cittadella, con il partecipato corteo (con più presenze che negli ultimi anni) guidato dall’orchestra Filarmonica di Occimiano che dal Municipio si stava dirigendo in piazza d’Armi. Destinatario di un paio di cori è stato il presidente del Senato Ignazio La Russa, ‘invitato’ a presentare le dimissioni.
Una volta in Cittadella, dopo l’intervento del presidente del consiglio e del Comitato Unitario Antifascista Fiorenzo Pivetta, le parole di Carla Gagliardini in rappresentanza dell’Anpi cittadina: «La Costituzione, per chi non lo avesse ancora capito, è antifascista, non basta studiarla e recitarla, occorre applicarla, dobbiamo fare la nostra parte». Sono arrivate quindi le stoccate, tra le righe con La Russa ancora tra i destinatari: «Non permettiamo che i tentativi di revisionismo storico, anche delle alte cariche, ci allontanino dalla vera storia di questo paese. Nessuna memoria condivisa è possibile quando si attacca la Resistenza e si sminuisce il 25 aprile».
Le polemiche interrompono il discorso
Ha quindi preso la parola il sindaco Riboldi (presente con diversi esponenti della sua giunta), e proprio durante il suo discorso la contestazione ha raggiunto il suo culmine, con un intervento (in forma integrale in calce a questo articolo) a più riprese interrotto da grida, come «Vergogna» che il primo cittadino ha poi a freddo commentato così: «Contestato come sempre da frange di estrema sinistra che, evidentemente, non hanno avuto forza di ascoltarlo (il discorso nda). W l’Italia, W la libertà».
Il primo cittadino è stato attaccato per la prima volta quando ha fatto riferimento alle vicende del confine orientale: «…In fondo anche la Resistenza fu, in nuce, espressione di quella che sarebbe stata la nuova mappa della democrazia italiana: socialisti, comunisti, azionisti, ma anche democratico-cristiani, liberali e monarchici che prevalsero nettamente su chi avrebbe voluto sostituire il regime fascista con un nuovo regime, legato all’Unione sovietica. Sorte che toccò tristemente ai nostri fratelli del confine orientale costretti all’emigrazione di massa…».
Un secondo coro di critiche si è levato quando ha citato il concetto di pacificazione: «…questo anniversario diventi solo una rievocazione storica, lo si deve caricare di significati trascendenti, che vadano oltre la dimensione del tempo: sia la festa della libertà e sia la festa della pacificazione, perchè gli anticorpi delle nostre istituzioni sono talmente efficaci da respingere in toto e in forma collettiva qualsiasi tentativo di superarle…».
La polemica si è manifestata ancora sulle parole di inclusione: «Sia festa dell’inclusione, perchè nessuno debba sentirsi escluso, solo perchè qualcuno ha deciso che non debba essere anche la sua festa; sia festa della pacificazione perchè il miglior tributo alla democrazia e alla libertà è il vivere tutti in concordia, chi ha prevalso e chi invece è stato sopraffatto».
Proprio tra le fila dei contestatori si è quindi levato il coro ‘Bella Ciao’ che ha per qualche minuto rallentato il previsto palinsesto degli interventi, che pure non sarebbe stato privo di ulteriori spunti degni di nota.
Fernanda Core, figlia di Enrica Morbello, la partigiana Fasulin, ha annunciato una imminente proiezione in Monferrato del docufilm dedicato a sua madre: l’8 o 9 luglio al Monfilmfest di Mombello: «Vengano tutti a vederlo, visto che per alcuni siamo rappacificati vengano anche loro».
Coordinati dal professor Mauro Bonelli, si sono quindi susseguiti gli interventi di una dozzina di bambini delle scuole cittadine, che si sono alternati in letture di brani, lettere e testimonianze sul tema della Resistenza.
Montalenti: «Oggi simbologia del regime»
A chiudere la cerimonia, infine, l’orazione ufficiale di Ezio Montalenti, presidente onorario dell’Anpi. Se nella prima parte la sua prolusione si è concentrata sugli episodi della storia resistenziale monferrina, come gli eccidi della Banda Lenti e della Banda Tom, la seconda parte del discorso è stata maggiormente intrisa di significato politico.
Montalenti ha lanciato un appello alla salvaguardia dei principi della Costituzione, considerata sotto attacco in riferimento all’intaccamento del ruolo del parlamento e dell’autonomia delle Regioni. «Non possiamo non pensare che il modo di condurre l’Italia non sia una simbologia del vecchio regime fascista» una delle frasi più dure del suo discorso (interrotto dagli applausi di chi, poco prima, aveva contestato Riboldi).
«Ogni tempo ha il suo fascismo e il suo antifascismo – ha sottolineato prima di spostarsi ai temi della guerra in Ucraina – Basta inviare armi e materiale bellico, non serve a creare la pace. Abbiamo bisogno di una presa di posizione».
Infine la conclusione: «L’antifascismo nutre la nostra Costituzione, è la forma della nostra democrazia».
L’intervento integrale del sindaco Riboldi
La guerra non finì il 25 aprile 1945. Questo è un giorno simbolico, scelto perché in questa data cominciò la ritirata dei tedeschi e dei soldati della Repubblica di Salò da Milano e Torino, in seguito allo sfondamento della Linea Gotica da parte degli alleati.
Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il 22 aprile 1946, il Re Umberto II emanò un decreto: “A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale”. La ricorrenza venne celebrata anche negli anni successivi, ma solo nel 1949 è stata istituzionalizzata come festa nazionale, insieme al 2 giugno, festa della Repubblica.
Dal venticinque aprile cominciò una fase, a tratti anche complessa e travagliata, che portò alla nascita di uno stato repubblicano, che il voto degli italiani volle affine alle democrazie europee, di stampo liberal-democratico o social-democratico. Anche la precaria giustapposizione tra due blocchi, tra le democrazie occidentali (essenzialmente anglo-sassoni) e il regime sovietico, costituitasi per far fronte vittorioso all’Asse, si risolse con un esercizio di democrazia.
Oggi è quindi la festa di una ritrovata libertà e dell’autodeterminazione del governo italiano dal dominio straniero, come fu nei due anni di Repubblica Sociale; una festa che è stata il terreno fertile su cui far crescere una vera democrazia parlamentare, aperta a tutte le espressioni della nostra società e non solo ad una parte.
In fondo anche la Resistenza fu, in nuce, espressione di quella che sarebbe stata la nuova mappa della democrazia italiana: socialisti, comunisti, azionisti, ma anche democratico-cristiani, liberali e monarchici che prevalsero nettamente su chi avrebbe voluto sostituire il regime fascista con un nuovo regime, legato all’Unione sovietica. Sorte che toccò tristemente ai nostri fratelli del confine orientale costretti all’emigrazione di massa.
Se non si vuole che, con il passare del tempo, con il venire meno delle generazioni che hanno vissuto da vicino le conseguenze della guerra e hanno patito l’assenza di democrazia, questo anniversario diventi solo una rievocazione storica, lo si deve caricare di significati trascendenti, che vadano oltre la dimensione del tempo: sia la festa della libertà e sia la festa della pacificazione, perchè gli anticorpi delle nostre istituzioni sono talmente efficaci da respingere in toto e in forma collettiva qualsiasi tentativo di superarle. Questo è il segno che i valori che oggi celebriamo sono ormai indissolubilmente radicati nella nostra società.
Sia festa dell’inclusione, perchè nessuno debba sentirsi escluso, solo perchè qualcuno ha deciso che non debba essere anche la sua festa; sia festa della pacificazione perchè il miglior tributo alla democrazia e alla libertà è il vivere tutti in concordia, chi ha prevalso e chi invece è stato sopraffatto.
La guerra di liberazione ha instaurato un nuovo ordine, che ha superato prove molto difficili. Questo nuovo ordine va difeso e rafforzato perseguendo fino in fondo quella pacificazione nazionale, che a volte sembra non ancora del tutto raggiunta.
Voglio chiudere citandovi le parole del presidente della repubblica, Sergio Mattarella, che sintetizzano efficacemente questi pensiero e che voglio siano chiosa di questo mio intervento e guida delle riflessioni che inevitabilmente esso susciterà: “il Paese è fortemente cambiato, come il contesto internazionale. Non c’è più, fortunatamente, la necessità di riconquistare i valori di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, di pace che animarono, nel suo complesso, la Resistenza. Oggi c’è la necessità di difendere quei valori, come è stato fatto contro l’assalto del terrorismo, come vien fatto e va fatto sempre di più contro quello della mafia. La democrazia va sempre, giorno dopo giorno, affermata e realizzata nella vita quotidiana”.